maggiori quotidiani italiani alla notizia della morte di Melissa Bassi, 16 anni, non hanno esitato a pubblicare gallery che riprendevano le foto della giovane dal suo profilo Facebook. È il caso di Repubblica che però ha scelto di oscurare gli occhi della giovane e delle amiche; è il caso de La Stampa, che ha usato una foto di Melissa così come appare sul suo profilo Facebook; è il caso anche del Corriere della Sera o di QN e, anche, di Globalist. In generale l’immagine di Melissa viene usata, anche solo per illustrare il pezzo. Altri esempi qui: Il Messaggero e il Mattino, il Giornale e Libero. Non lo fanno il Sole24Ore, l’Unità, il Post e Linkiesta. (L’elenco non vuole essere né esaustivo, né accusatorio).
La foto utilizzata più spesso è una “cover foto” della giovane. Il profilo di Melissa, infatti, è “chiuso”: la ragazza aveva bloccato la diffusione dei suoi album ai non amici. Le “cover foto”, invece, restano visibile nella nuova timeline di Facebook, diversamente da quanto avviene per gli album.
A questo proposito anche il Garante della Privacy ha fatto sapere, sabato 19 marzo in serata, che occorre «il più rigoroso rispetto per le persone, tanto più se minori», invitando i media ad astenersi dal pubblicare immagini dei ragazzi coinvolti, soprattutto, «nell’utilizzare foto messe in rete dagli stessi ragazzi per condividere momenti della loro vita».titolari dei diritto d’autore e di quello alla privacy sono, almeno di norma, in condizione di stabilire chi e per quali finalità può utilizzare le immagini, fornendo indicazioni in tal senso, direttamente online e/o eventualmente chiarendo uno speciale regime di licenza. La mera pubblicazione di immagini in un profilo non consente di presumere nessuna volontà di libero utilizzo. Tali principi di carattere generale soffrono, naturalmente, talune eccezioni tra le quali la libera utilizzazione delle immagini per ragioni di cronaca. A tal fine è, ovviamente, necessario che la finalità informativa sussista effettivamente.
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