Nella lunga querelle tra le imprese editoriali e le grandi piattaforme i Governi nazionali e sovranazionali sembra che stiano dando ragione ai primi. In Italia da un anno esiste un decreto legislativo che prevede un equo compenso a favore dei soggetti che producono i contenuti in forma professionale.
L’attuazione della norma è stata demandata all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che doveva provvedere entro due mesi e ancora sta studiando; ma questo è un altro film. Il punto vero è che mentre il legislatore ha i tempi della democrazia, ossia della discussione, e della burocrazia, ossia dell’attuazione, le grandi piattaforme quando vogliono fanno subito. E così Facebook in Canada, dove è stata approvata la legge che obbliga le piattaforme digitali a pagare per l’utilizzo dei contenuti sulle proprie piattaforme, ha tagliato la testa al toro, decidendo di bloccare la condivisione delle notizie.
Il che significa, sostanzialmente, oscurare l’informazione professionale sul social network, limitando la diffusione dell’informazione. Il punto vero non è l’abuso di posizione dominante delle ott rispetto alle imprese che producono informazione, ma rispetto alle Nazioni.
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