Un giornalista non ha colpe se pubblica trascrizioni di intercettazioni che in seguito si rivelano false. Lo si evince da una sentenza con cui la terza sezione civile della Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ex pm Francesco Misiani, morto nello scorso dicembre, contro i giornalisti di Repubblica, per la pubblicazione di alcune trascrizioni di intercettazioni che lo riguardavano e che si erano in seguito rivelate false, inerenti un suo colloquio, avvenuto al bar Mandara, con l’allora presidente della sezione gip del tribunale di Roma Renato Squillante.
In primo grado, i giudici avevano stabilito che i giornalisti del gruppo l’Espresso dovessero risarcire per diffamazione, l’ex pm con 100 milioni di vecchie lire, mentre in appello, la domanda di risarcimento danni avanzata da Misiani era stata rigettata.
Anche la Suprema Corte ha ritenuto che i giornalisti non fossero tenuti a pagare alcun risarcimento.
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