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Legge Finanziaria. Stop della Google Tax. Ci sarà un ddl apposito

Come incassare un miliardo di euro di tasse, o forse più, senza pesare ulteriormente sui cittadini e sulle aziende italiane? Semplice, con una Google Tax. Nel mirino del fisco ci sono stavolta le multinazionali del Web che vendono beni e servizi in Italia. I colossi come Google, Amazon e Yahoo ricavano centinaia di milioni di euro dalla raccolta pubblicitaria e dalle vendite nel nostro Paese. Senza però pagare un euro di tasse allo Stato italiano, perché fatturano attraverso società controllate che si trovano in Stati con un minore carico fiscale, come il Lussemburgo o l’Irlanda.
Francesco Boccia, presidente della commissione bilancio della Camera, ha lanciato una proposta per cambiare le regole del gioco: varare una legge che obblighi gli acquirenti di servizi web (come l’online advertising, vero nocciolo della questione) a rifornirsi soltanto da società italiane. A loro volta, le multinazionali sarebbero quindi costrette a vendere i servizi in Italia solo attraverso società locali, e non divisioni irlandesi o lussemburghesi. La Google Tax, a dispetto del nomignolo che le è stato affibbiato, non sarebbe dunque una nuova tassa, ma solo un modo per ricondurre i colossi del web sotto il giogo del fisco italiano. Secondo Boccia, è inaccettabile che “le società online paghino le tasse all’estero sulle vendite registrate in Italia” e che i nostri consumi online vadano ad arricchire aziende“prive di interesse” per lo sviluppo economico del Paese.
Con il sostegno del primo ministro Enrico Letta, la proposta è passata all’esame del Senato, ma ci sarà bisogno di un appoggio bipartisan anche da parte del Pdl perché la Google Tax abbia una chance di diventare legge. Sulla carta, il ragionamento di Boccia sembra filare. Ma da più parti sono già sorte critiche alla proposta del PD. Il periodico Forbes si è spinto a dichiarare la proposta come ” illegale”, perché violerebbe in pieno i principi stessi dell’Unione Europea. Se infatti uno dei tratti caratteristici dell’UE è il mercato unico, che permette di condurre business liberamente da uno Stato all’altro, come si può impedire a una società con sede in Lussemburgo (seppur controllata da una multinazionale americana) di vendere liberamente i propri servizi in Italia? Il fatto che il fisco italiano non ne tragga alcun gettito fa solo parte delle regole riconosciute dalla comunità internazionale. E la “soluzione italiana” sarebbe solo un tentativo furbesco di aggirare le norme europee.
Insomma, il dibattito si prospetta lungo e accalorato. E come per molte altre tasse e provvedimenti in via di elaborazione, i partiti chiamati a decidere avranno tempo per cambiare idea sul tema più e più volte ancora.

fonte: www.wired.it (http://daily.wired.it/news/politica/2013/11/25/web-tax-emendamento-ritirato-642789.html)

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