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IL CORDOGLIO DEL PAESE PER LA MORTE DI CARACCIOLO

Caracciolo è parte della storia dell’informazione in Italia. Così Enzo Ghionni Presidente della FILE in merito alla scomparsa di uno dei primi editori puri del panorama dell’editoria italiana.
In seguito alcuni dei commenti sulla scomparsa di Caracciolo:
«Partecipo con commozione al lutto per la scomparsa di Carlo Caracciolo, intellettuale, editore, protagonista non solo dell’impegno antifascista, ma di tanta parte della vita culturale e democratica del Paese». Lo afferma il presidente della Fondazione Italianieuropei Massimo D’Alema, esprimendo la propria vicinanza alla famiglia dell’editore scomparso.
«La morte di Carlo Caracciolo segna la scomparsa di un uomo illuminato che ha saputo rendere all’Italia e all’intelligenza del nostro Paese un grande servigio. La famiglia di Repubblica ha perso una grande guida». Lo afferma Mario Baccini, presidente della federazione dei cristiano popolari.
Il presidente del Senato, Renato Schifani, esprime cordoglio per la scomparsa dell’editore Carlo Caracciolo, cofondatore di Repubblica. «Il Paese -ha detto Schifani- ha perso purtroppo un imprenditore coraggioso, moderno, che si è sempre battuto per la democrazia». Il presidente del Senato ha inviato le sue più sincere condoglianze alla famiglia di Carlo Caracciolo.
«La morte di Carlo Caracciolo lascia un gran vuoto non solo nel mondo dell’aristocrazia, di cui fu membro senza alterigia e senza rinnegamenti, ma anche dell’alta finanza borghese e dell’editoria. Fondatore de L’Espresso e del quotidiano La Repubblica, egli non fu un convertito all’antifascismo e alla democrazia, come lo fu invece la sua principale ‘creaturà: il ‘tuttologò Eugenio Scalfari, prima fascista e razzista, poi monarchico, quindi socialista, quindi ‘compagno di strada del Partito Comunistà, per oggi approdare, dopo una breve sosta al loft di Uolter Veltroni, alle sponde dipietriste». Lo afferma il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. «Egli -prosegue Cossiga riferendosi a Caracciolo- fu democratico e antifascista da sempre, partigiano degli anni della Resistenza. Gran signore, egli fu fedele agli amici anche quando questi erano invisi al mondo politico di cui faceva parte e specialmente se si trovavano in difficoltà, e sempre le sue case furono loro aperte: da Edgardo Sogno, medaglia d’oro della resistenza, incarcerato da magistrati comunisti, a Flavio Carboni, grande finanziere sardo, ingiustamente accusato e incarcerato quale mandante della morte di un altro suo grande amico: il banchiere Calvi». «Dal prefetto Umberto Federico D’Amato, la mente più acuta della intelligence italiana, odiato e perseguitato dalla sinistra, all’amico senatore Giuseppe Ciarrapico, già neofascista del Msi ed ora parlamentare di Forza Italia, di cui alla fine divenne anche socio in affari. Non fu, come molti l’hanno definito, un ‘principe rinascimentalè, ma -conclude Cossiga- una sorta di ‘aristocratico della Rivoluzione Francesè, un Filippo d’Orleans o un Marchese de La Fayette: e come questi ebbe anche lui i suoi Robespierre e i suoi San Just, quali ad esempio il noto ‘seminatore di velenì Eugenio Scalfari, che purtroppo gli sopravvive…Il principe Caracciolo ci lascia un lascito di grande passione civile,politica, editoriale e finanziaria: eredi politici o spirituali, no!».

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