La Corte di Cassazione torna, per l’ennesima volta, ad occuparsi del plagio di Roberto Saviano. Il fatto è noto. Lo scrittore napoletano ha utilizzato materiale pubblicato sul giornale “Cronache di”, edito dalla società Libra, omettendo di citare la fonte. La Corte di Cassazione aveva già stabilito che il plagio c’era stato e aveva condannato la società editrice di Gomorra, la Mondadori, a pagare un indennizzo a favore di Libra, stabilito dalla Corte di Appello in 6.000 euro.
Con la recentissima sentenza, la Corte di Cassazione ha deciso che l’indennizzo non è congruo, in quanto deve essere calcolato in ragione dei ricavi che sono derivati allo scrittore ed alla casa editrice milanese dalla vendita del libro. La decisione del quantum è, quindi, stato rimesso alla Corte di Appello di Napoli che dovrà a questo punto rideterminare sulla base di parametri sicuramente diversi il risarcimento che la società Libra dovrà ricevere.
La sentenza che alleghiamo è molto tecnica, in quanto concerne il risarcimento dovuto per il plagio, che è stato già accertato nei precedenti gradi di giudizio. Ma interessa un passaggio della sentenza della Corte di Cassazione nella quale la stessa stabilisce che il criterio adottato potrebbe imporre al contraffattore o al plagiario, ossia a Roberto Saviano, lo stesso importo che avrebbe potuto imporre in via negoziale ove si fosse comportato correttamente. Il punto, danari a parte, è proprio questo.
Lo scrittore napoletano non si è comportato correttamente nei confronti non solo dell’impresa editrice ma dei giornalisti che avevano scritto, e quindi rivelato, in quanto pubblicato le stesse cose per le quali Saviano si è dichiarato vittima per essere poi incensato. Erano altri i giornalisti che rischiavano, come rischiano oggi, la vita per raccontare i crimini della malavita organizzata; erano altri i professionisti che andavano in rioni malfamati per informarsi, per raccogliere notizie, per chiedere cose. Fatti che poi venivano pubblicati su un diffuso giornale locale.
Ma Saviano non solo non ha citato le fonti giornalistiche, andiamo oltre la copia vera e propria, ma ha ritenuto utile nella creazione del mito dell’unico vero giornalista contro la camorra, disconoscere ed accusare il giornale dal quale aveva copiato. Ma il tempo, a differenza di alcuni scrittori, è galantuomo.
Ecco la sentenza:
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