Rupert Murdoch è il press baron per eccellenza, ma non è stato il primo a costruire un impero editoriale; l’ottantenne australiano ha un illustre “precedente”. Alfred Harmsworth, nato nel 1865 in Irlanda da una modesta famiglia è considerato l’inventore del giornale popolare. Con il ‘Daily Mail’ (un giornale «scritto da fattorini per fattorini» che «vale un penny ed è venduto per mezzo penny») raggiunse mezzo milione di lettori grazie al tono populistico e più conciso degli altri giornali. La sua abilità editoriale si basava su un imperativo quanto mai attuale: dava alla gente ciò che la gente stessa voleva cercando di rispondere quotidianamente ai bisogni dei lettori. Emblematico il titolo della sua prima pubblicazione di sua proprietà: «Risposte a chi ci scrive su qualsiasi argomento sotto il sole».
Ma Harmsworth non si limitava all’accattivante sensazionalismo, amava la politica e aveva una sincera voglia di contribuire al miglioramento del suo paese. Credeva che i suoi giornali potessero realmente cambiare le cose. Così fu: influenzò l’opinione pubblica, criticò i capi del governo e contribuì alla caduta del governo britannico nel 1915, alle soglie della prima guerra mondiale, e tentò di entrare in politica per contribuire alla patria. Meritò il titolo di visconte per meriti editoriali e divenne Lord Northcliffe.
A Murdoch della politica non è mai importato nulla, ha sempre appoggiato chi gli permetteva di fare più soldi; un atteggiamento confermato dal recente scandalo sulle intercettazioni dove la ricerca delle notizie hanno avuto la priorità sulla dignità delle persone. Ci sarà un motivo se lo chiamano con l’appellativo di “squalo”. Tuttavia i suoi giornali hanno sempre venduto tantissimo, dando alla gente ciò che la gente voleva leggere.
Lord Northcliffe e Murdoch sono molto diversi ma anche molto simili: ognuno espressione del proprio tempo e plasmato dalle esigenze del proprio pubblico.
Peter Apps, giornalista che si occupa delle interazioni tra politica, economia e mercati ha affermato che i press barons hanno definitivamente perso il monopolio dell’informazione. Secondo Jonathan Wood, analista dei Control risks è in atto un processo di democratizzazione, un «declino dei grandi controllori come i governi o i direttori dei giornali».
Egidio Negri
La cessione di Gedi è debitamente monitorata dal governo: lo ha affermato il sottosegretario Barachini.…
In Francia, il Senato, ancora impegnato nell'esame della sezione di spesa della legge di bilancio…
Le saracinesche abbassate delle edicole sono diventate un’immagine sempre più frequente nelle città italiane. Dai…
Manovra, pure la Fieg alza la voce: occorrono più soldi perché il sistema del pluralismo…
Antonio Tajani non fa le barricate sulla vicenda Gedi ma ritiene che sia meglio che…
C’è un filo rosso che attraversa le rimostranze sindacali delle giornaliste e dei giornalisti de…