Wireless: Google conferma, ‘Pronti a spendere 4,6 mld di dollari per le frequenze

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È arrivata nel corso del fine settimana la conferma all’ingresso di Google nel mercato statunitense del wireless. Il gruppo di Mountain View ha infatti ufficializzato l’intenzione di partecipare all’asta di spettro che la FCC lancerà da qui a qualche mese per riallocare le frequenze lasciate libere dal passaggio alla Tv digitale. Le web company chiedono da tempo ai regolatori di fissare norme che permettano la realizzazione di una rete ‘aperta’ grazie alla quale gli utenti, come avviene in Europa, possano usare il dispositivo mobile o i software che preferiscono, non quelli imposti dall’operatore di rete.

Google ha quindi specificato che parteciperà all’asta – mettendo sul piatto almeno 4,6 miliardi di dollari – solo se la FCC adotterà, come anticipato, “regole che assicurino che, a prescindere dal vincitore dell’asta, siano serviti gli interessi dei consumatori”. Una sorta di ‘network neutrality’ simile a quella richiesta dalla web company – con scarso successo – per le reti fisse.

Google caldeggia in particolare l’adozione di 4 piattaforme ‘aperte’, relative alle applicazioni, ai dispositivi, ai servizi e alle reti.

Secondo queste condizioni, i consumatori dovrebbero poter scaricare e utilizzare qualsiasi applicazione, contenuto o dispositivo essi desiderino, nonché utilizzare i dispositivi con qualsiasi rete.

Per quanto riguarda i servizi, Google chiede alla FCC di permettere alle terze parti (i rivenditori) di acquistare servizi all’ingrosso, in base a termini commerciali non discriminatori.

Le condizioni che regoleranno l’asta saranno rese note nelle prossime settimane, ma Google e altre web company temono che le potenti società telefoniche faranno di tutto per mantenere lo status quo, temendo di perdere la loro egemonia dopo i soldi spesi per la costruzione dei network.

In base a quanto anticipato nelle scorse settimane, due porzioni di spettro – da 11 megahertz ciascuna, su un totale di 60 megahertz – dovrebbero essere messe all’asta con l’obbligo di accesso aperto e potranno essere vendute in blocchi separati o unite per creare una rete nazionale. Altri 38 megahertz saranno venduti senza obbligo di open access, per un introito previsto di circa 15-20 miliardi di dollari.

Imponendo l’obbligo dell’accesso aperto, i titolari dello spettro avranno meno controllo sui dispositivi, le applicazioni e i servizi fruibili attraverso le loro reti: al momento, infatti, gli operatori hanno l’ultima parola su quale telefonino o servizio a banda larga può essere usato sulla loro rete e spesso utilizzano questo privilegio per bloccare i vendor e i fornitori di contenti e servizi con contratti esclusivi.

Un’apertura, quella voluta dal presidente della FCC, Kevin Martin, che potrebbe dunque radicalmente trasformare il mercato mobile e della banda larga statunitense, e che è al centro del dibattito relativo alle regole che disciplineranno l’asta, che dovrebbero essere rese pubbliche entro la fine del mese.

In una lettera indirizzata proprio a Kevin Martin, Eric Schmidt, chief executive di Google, si è detto soddisfatto di queste proposte, pur sottolineando che la bozza esclude alcune condizioni che Google ritiene invece fondamentale per una reale apertura del mercato dei servizi wireless.

In particolare, la società insiste sul fatto che i vincitori dell’asta per le frequenze dovrebbero essere obbligati a vendere accesso all’ingrosso alla rete su base non discriminatoria, di modo da consentire ad altre compagnie wireless di operare sulla rete, a tutto vantaggio della competizione.

L’appello di Google è condiviso da altre web company, che sperano che l’asta spezzi il duopolio sul mercato americano della banda larga, dominato da operatori telefonici e del cavo.

Le società telefoniche, da canto loro, si oppongono all’idea di offrire accesso all’ingrosso alle loro reti, temendo l’indebolimento dei business model dell’industria tradizionale.

Per Steve Largent, presidente dell’associazione CTIA, Google starebbe solo cercando di “avere un’asta basata su condizioni di favore”.

Se infatti, ha aggiunto Largent, la società vincesse la gara, “sarebbe libera di adottare i principi di apertura reclamati, senza obbligare il governo ad adottarle anche per gli altri partecipanti all’asta”.

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