PROCESSO MEDIASET: NO ALLE TV IN AULA, MA SI SCATENA LO STESSO IL CIRCO MEDIATICO

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Escludere i mezzi di informazione dai corridoi del Palazzo di Giustizia di Milano non è servito a mantenere sobri i toni della giornata. A rendere elettrico il clima hanno concorso l’accavallarsi di due picchettaggi al di fuori della cittadella giudiziaria (l’una pro e l’altra contro Berlusconi), le dichiarazioni a 360 gradi lasciate dallo stesso premier e il balletto di considerazioni in merito affidate alle agenzie da esponenti politici di varia estrazione.
Andiamo per gradi. Oggi si tiene un’udienza del processo Mediaset cui è annunciata la partecipazione del più noto degli imputati, Silvio Berlusconi. La Procura Generale di Milano emette un’ordinanza per vietare l’accesso in aula agli operatori dell’informazione ufficialmente per ragioni di sicurezza, ufficiosamente per evitare che il tutto si riducesse a un evento mediatico. Ciò però non evita che sin dalle prime ore del mattino nell’area del Tribunale, presidiata dalle forze dell’ordine, confluissero da un lato alcune centinaia di sostenitori del premier radunati dal coordinamento regionale lombardo del Pdl, e dall’altro una contro-manifestazione di oppositori storici come il blogger Piero Ricca.
La convivenza tra le due ali di pubblico non è stata certo caratterizzata da aplomb britannico, anzi, stando ad alcune testimonianze, non sono mancati gli scambi di insulti. Giorgio Stracquadanio, parlamentare Pdl, ad esempio ha approfittato dell’occasione per ricordare che “Berlusconi è l’uomo più processato d’Italia, ancorché il più incensurato”, mentre “Marco Travaglio ha avuto sette condanne definitive”, cosa che lo avvicina “ad un delinquente quotidiano” ma che non lo esime dall’avere “un lauto contratto con il servizio pubblico”. Dall’altro lato della barricata, invece, è stato srotolato uno striscione recitante “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, basta leggi ad personam”.
Più che i manifestanti, a dare adito a polemiche e a botta e risposta sono state le esternazioni dello stesso Berlusconi rilasciate prima e dopo l’arrivo al Palazzo di Giustizia. Il premier ha parlato non solo del processo in questione (definendolo “assurdo”, una “perdita di tempo” nonché l’ennesimo pretesto per “gettare fango”), ma anche della riforma della giustizia, del Rubygate (“ho evitato incidente diplomatico, le ho dato soldi perché non si prostituisse”) e della sua opinione di alcuni pubblici ministeri (“non lavorano per il Paese, ma contro il Paese”). Non sono mancati momenti di nervosismo con i giornalisti, come quando ha rifiutato di rispondere alle domande del vicedirettore de La Repubblica, Giuseppe D’Avanzo, apostrofandolo come “signor Stalin”.
Come era facile aspettarsi, le dichiarazioni di Berlusconi non sono passate inosservate, suscitando le reazioni di esponenti politici e le considerazioni dei giornalisti e degli opinionisti. Senza inoltrarsi nel dedalo di virgolettati di chi condivide o meno quanto affermato dal premier, basti fare una considerazione: se qualcuno si augurava che la presenza del premier Berlusconi all’udienza non si trasformasse in un esercizio di stile del cosiddetto “circo mediatico”, certamente non si può dire soddisfatto.

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