Muro contro muro nella trattativa Letta-Franscechini per il nuovo presidente della Rai. Non c’è dunque da stare allegri in Viale Mazzini in vista della diciottesima assemblea dei soci già fissata per mercoledì 25 marzo. Il presidente uscente, Claudio Petruccioli, lancia l’allarme, mette fretta all’azionista e invita il Palazzo a uscire dall’empasse perché “l’operatività del cda risulta compromessa”.
Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, se la prende col “cecchinaggio continuo di tutti i nomi” da parte di Palazzo Chigi. E sempre sul metodo, il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani, auspica da parte del Pd la presentazione “di una rosa di candidati: avrebbe il significato di una chiara volontà di giungere ad un accordo con la maggioranza. Se ci si blocca su un nome – ha spiegato Romani – si fanno solo pochi passi avanti”.
Mentre Letta e Franceschini s’interrogano invano sul nuovo presidente della Rai, qualcuno al Tesoro comincia a spazientirsi. E non è escluso che anche Palazzo Chigi (Berlusconi) non decida di optare per il blitz. A quel punto due sarebbero le strade. Il Tesoro potrebbe indicare un nome mettendo in conto la bocciatura della Vigilanza e quindi la reggenza – di un cda a otto – del consigliere anziano (71 anni compiuti) Guglielmo Rositani. Dopo una reggenza comunista (quella dello scomparso Sandro Curzi), per la Rai sarebbe tempo di sperimentare una reggenza missina.
“Purtroppo – ha confessato Rositani su ‘Europa’ – la mia presidenza dipenderebbe solo dall’età”. L’altra strada che l’azionista potrebbe imboccare sarebbe quella d’individuare un Villari bis per il settimo piano. Certo, serve un profilo alto, indiscutibile e fuori dalle logiche di Palazzo. Ma soprattutto un nome capace di raccattare tra i banchi della commissione di Vigilanza quei 27 voti (su 40) utili all’incoronazione. Ventidue schede le garantisce la maggioranza. In fondo per piazzare il blitz basterebbe convincere – nel segreto dell’urna – cinque commissari.
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