Uno studio presentato da Moles ribadisce che l’editoria italiana è tra le ultime in Europa per sostegno da parte del governo, per la precisione è la penultima. E questo l’abbiamo sempre saputo. Ma, adesso, con la pubblicazione di uno studio del dipartimento Editoria della presidenza del consiglio dei ministri, nessuno potrà più obiettare. Il tempo delle fake news, come già Editoria aveva sottolineato qualche settimana fa, è finito. Il populismo dovrà trovare altre bugie per tentare di estorcere voti all’ingenuità degli elettori. Che predilige ignoranti, evidentemente, per mere e basse ragioni di bottega elettorale.
In Italia, la media di risorse dirette pro capite “versate” da ogni cittadino a favore dei giornali è pari a meno di una colazione al bar. Un euro e quarantanove centesimi. In tutto, le risorse sono di poco superiori agli 88 milioni di euro. Un dato catastrofico se si pensa che la Francia, invece, investe ben mezzo miliardo di euro sulla stampa e, dunque, sulla tenuta stessa e sulla qualità della sua democrazia. Lo schiaffo, all’Italia, arriva dalle democrazie del Nord Europa. La Danimarca, la Finlandia e anche la Norvegia – la cui popolazione complessiva a stento raggiunge quella delle sole Lombardia e Campania – investono cifre superiori a quelle stanziate dal governo italiano. Una lezione da tenere bene in mente, quella che arriva dalla Scandinavia.
Ma la situazione, secondo l’attuale sottosegretario Giuseppe Moles, presto cambierà. In meglio. Durante la presentazione dello studio, Moles ha dichiarato. “Solo una corretta informazione fatta da persone che non solo si assumono la responsabilità di un prodotto, ma anche che sono dotati di una professionalità superiore, può essere un bene primario di una democrazia liberale”. Quindi ha aggiunto. “Nella manovra oltre agli strumenti classici c’è anche un fondo straordinario per l’editoria, questo sta a significare la volontà del Governo di tornare a investire”.
Il sottosegretario all’editoria Moles ha poi aggiunto. “L’obiettivo dello studio è quello di volgere lo sguardo verso altri paesi europei in chiave comparativa, al fine di verificare se il complesso sistema italiano che supporta l’informazione, in modo diretto e indiretto, costituisse una nostra peculiarità ovvero se invece trovasse una corrispondenza in altri paesi europei di consolidata tradizione democratica”. Quindi ha concluso. “L’informazione corretta e giusta sia un bene necessario e assoluto che va difeso, tutelato, sostenuto e aiutato a crescere”.
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