MEDIASET HA RIFIUTATO LA PUBBLICITẢ DI SKY. IL TRIBUBNALE: NON Ề CONCORRENZA SLEALE

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Il ricorso risale al 2009. C’entra TivùSat?
In assenza di contratto Mediaset non è obbligata ad accettare tutte le campagne pubblicitarie che le vengono richieste. Lo ha deciso ieri il Tribunale di Milano. Ma cosa c’entra la giustizia con gli spot?
La vicenda nasce da un ricorso d’urgenza presentato da Sky contro le società del gruppo Mediaset e Publitalia il 22 settembre 2009. L’emittente di Murdoch chiedeva un indennizzo di 300 milioni di euro perché il Biscione si era rifiutato di ospitare gli spot Sky nei suoi programmi. Tale diniego sarebbe stato motivato, secondo Sky, dalla volontà di favorire i canali pay di Mediaset a svantaggio della concorrenza satellitare inglese.
Dunque, per Sky, erano state violate le regole comunitarie sulla concorrenza, nonché quelle italiane sulle comunicazioni. In altre parole Mediaset avrebbe violato le regole dell’Antitrust, in particolare l’articolo 82 del Trattato Europeo, determinando una concorrenza sleale.
«È sconcertante che un operatore nel mercato della pay tv satellitare monopolista assoluto avvii un’azione legale contro un’altra azienda televisiva accusandola di violazione delle norme antitrust», dichiarò allora Mediaset. Inoltre l’emittente del Biscione precisò che, dal primo gennaio al 5 settembre, «Mediaset ha già ospitato 3.107 passaggi di spot Sky sulle proprie reti. Per contro Sky ha sempre rifiutato di trasmettere sui propri canali qualsiasi nostro spot di Mediaset». Dunque le accuse furono respinte e rimandate al mittente. La prima decisione ufficiale a riguardo avviene già nell’ottobre del 2009. Il giudice Gandolfo del Tribunale di Milano emise un’ordinanza per inibire Mediaset a continuare a rifiutare, in maniera immotivata, la pubblicità della concorrente.
Mediaset non mollò di un centimetro. Il Biscione mobilitò i suoi legale per imbastire una causa di merito. In poche parole gli avvocati di Mediaset cercarono di dimostrare che il rifiuto era tutt’altro che immotivato, ma consentito e legittimo visto la mancanza di alcun tipo di contratto. E non solo. L’accusa fu rispedita al mittente: sarebbe stata Sky a rifiutare la pubblicità del Biscione.
L’emittente satellitare inglese fece “orecchie da mercante” e chiese al giudice oltre 300 milioni di euro per risarcimento danni. Il giudice, ieri, ha stabilito che la richiesta è immotivata visto che non vi fu comportamento anticoncorrenziale a favore di Premium, la tv pay di Mediaset. Non finisce qui. È stata revocato anche il provvedimento cautelare emesso nell’ottobre del 2009.
C’è da precisare che lo screzio per gli spot potrebbe essere stato influenzato dalla creazione di TivùSat. Stiamo parlando di una piattaforma satellitare gratuita italiana per la tv digitale, creata da Tivù S.r.l, che a sua volta è una società italiana partecipata da Rai, Mediaset, TIMedia, Frt e Aeranti Corallo. Tale società, che racchiude quasi tutto il mondo televisivo italiano, tv locali comprese, è stata creata proprio il 31 luglio del 2009, circa 50 prima della “protesta” di Sky.
TivùSat rende visibili all’estero i canali gratuiti delle società azioniste del gruppo. A seguito dell’accordo per la partenza della piattaforma satellitare, la Rai non ha rinnovato l’accordo con Sky Italia, scaduto il 31 luglio 2009. Una cosa simile l’ha fatta Mediaset. Non sappiamo se tale evento abbia influito o meno. Comunque, secondo un anonimo esperto, si tratta di una vicenda «complessa ed intricata». Innanzitutto Sky ha presentato ricorso al Tribunale di Milano e non all’Antitrust. Sarebbe stata più coerente la seconda scelta visto che Sky denunciava una concorrenza sleale. Tuttavia «presso l’Antitrust – spiega ancora l’esperto – News Corp [società che possiede Sky e che ha collezionato diverse denuncie dalla stessa Antitrust proprio per abuso di posizione dominante, ndr], che è un gigante mondiale con un fatturato pari a oltre 50 miliardi di dollari, avrebbe avuto poco successo», ha spiegato l’esperto. Non lo ha avuto comunque.

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