In un interessante articolo su Nòva de Il Sole 24 Ore vengono messe in evidenza le ambiguità della legge sulla privacy per quanto riguarda l’acquisto su Internet. Secondo Andrea Monti, il Codice dei dati personali è nato vecchio già nel 1996 e la seconda versione del 2003 era lontana anni luce dal modo in cui operano le aziende dell’e-commerce. L’articolo si sofferma sulla questione del consenso all’utilizzo dei dati personali che, secondo la normativa italiana, deve essere dato liberamente e in forma scritta. Nonostante la direttiva Ue preveda che la persona abbia unambiguously manifestato la sua volontà a prescindere dalle forme.
Nella privacy all’italiana, a meno di non usare la firma qualificata che trasforma per legge un file in forma scritta, quello che accade online ha un valore estremamente limitato, se non nullo. Ma è realistico pensare che la firma digitale diventi uno strumento di uso realmente comune? Ovviamente no e dunque nel frattempo l’alternativa di chi opera online è: rispettare la legge e chiudere le aziende per eccesso di burocrazia o rispettare lo spirito e la sostanza tutelando il cliente creando un ecosistema per l’e-commerce, in attesa che il legislatore si accorga che il mondo è cambiato.
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