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LA STAMPA E L’OMBRELLONE. IL QUOTIDIANO TORINESE AVVERTE CHE C’E’ CRISI ANCHE NEI GRANDI GRUPPI

L’articolo 44 dell’ultima manovra finanziaria prevede un taglio dei contributi statali all’editoria e ha sollevato rapidamente una serie di polemiche. Qualcuno è arrivato a definirlo “decreto tritacarne” e anche Walter Veltroni, a nome del Pd, ha parlato di taglio indiscriminato, inaccettabile e vessatorio. Nello specifico la manovra prevede che dai 414 milioni di euro di finanziamento attuale a testate cooperative, non profit e a giornali politici siano sottratti 87 milioni nel 2009 e 100 nel 2010. Una sforbiciata che potrebbe fare chiudere i battenti a una cinquantina di piccoli quotidiani dall’Unita alla Padania, dal Manifesto a Il Foglio passando per L’Avvenire e per numerosi quotidiani locali. I sindacati Cgil, Cisl e Uil fanno fronte comune contro questo intervento previsto dalla nuova Legge 112/2008 (quella appunto che anticipa la nuova manovra finanziaria) e parlano di attacco alla libertà di informazione.
Questi interventi, sostiene l’opposizione, in pratica giovano soltanto ai grandi gruppi editoriali quotati che potrebbero a questo punto divorare le quote di mercato lasciate libere dai concorrenti più piccoli. Rcs, L’Espresso, Poligrafici Editoriale, Caltagirone Editore, Il Sole 24 Ore hanno in altre parole soltanto da guadagnarci.
Un aiuto inaspettato in questo momento difficile per il mondo ciclico dell’editoria potrebbe insomma arrivare proprio dal Governo. Se si considera che il settore editoriale è in crisi strutturale da tempo in tutto il mondo e in particolare in Italia, si intuisce subito che non si tratta di un aiuto poco gradito.
Quasi tutte le relazioni semestrali pubblicate nel corso degli ultimi giorni hanno registrato una flessione degli utili per grandi e piccole testate: i grossi gruppi quotati subiscono la congiuntura difficile non meno dei giornali più piccoli. Il salvagente del web, pur essendo tuttora l’unica strada che promette una crescita per il futuro, è ancora praticamente irrilevante nel panorama italiano.

Lo evidenzia bene un rapido confronto con il mercato statunitense. Se negli States internet copre il 15-16% del mercato pubblicitario consentendo uno sviluppo dell’informazione sul web su ben altri binari, in Italia il mercato pubblicitario del web rappresenta appena il 3% del totale: una fetta da 300 milioni che non può di certo salvare la carta stampata dalla crisi.
Se quindi le nuove norme tagliano i viveri ai piccoli, la mancanza di un modello di business chiaro e convincente per il futuro penalizza anche i grandi editori. Il fenomeno tutto italiano dei prodotti addizionali (i libri, le videocassette etc.) è ormai esaurito e le grandi testate subiscono ogni giorno di più la contrazione della pubblicità. Se si considera che in molti casi i grandi editori italiani sembrano sopravvalutati dal mercato (in base al p/e per esempio) rispetto ai competitor europei, non resta che incrociare le dita e preparare l’ombrello. Anche ad agosto. (GD)

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