La Germania dice no al riconoscimento facciale come segno di identificazione sul social network Facebook, in nome della difesa della privacy, e lo annuncia attraverso John Caspar commissario di Amburgo per la protezione dei dati e la libertà d’informazione.
La lotta al « Tag » selvaggio, ovvero l’applicazione che consente di identificare l’utente attraverso le foto in cui esso compare in modalità automatica, non rispetterebbe le leggi sulla tutela della privacy presenti in Germania e all’interno dell’Unione Europea.
Il numero di foto caricate sulla piattaforma sono oltre 75 miliardi per 450 milioni di persone taggate, costituisce oltre che una sovraesposizione della persona, un contributo alla costruzione dell’ormai imperante società iconica.
Oltre alle immediate riflessioni sociologiche, ciò su cui John Caspar richiama l’attenzione è la possibilità che Facebook ha attraverso le immagini possedute, di creare un vero e proprio database di informazioni biometriche, minaccia che ha allertato non solo la Germania ma anche altri paesi come Irlanda, Lussemburgo e Gran Bretagna.
Il rischio è quello di assistere al crollo degli ultimi paletti della privacy ancora in piedi, ma un residuo di autocontrollo risiede tuttavia nella possibilità che l’utente ha di annullare l’automatico riconoscimento facciale attraverso le applicazioni sulla privacy che Mark Zuckerberg ha messo a punto, prevenendo le prevedibili rimostranze dei paladini della privacy.
Questa contestazione lanciata dalla Germania e seguita a traino dagli altri paesi, non sarà né la prima né l’ultima delle polemiche mosse al Social network più cliccato, quest’ultima la ragione forse di tanto accanimento.
Alberto De Bellis
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