Speciale editoria
La Corte di cassazione con la recente sentenza n. 98/2025, ha riaffermato il diritto dei giornalisti a proteggere le proprie fonti, delineando i limiti costituzionali all’azione dele procure. Infatti, con questa sentenza la suprema Corte ha tracciato un nuovo perimetro giuridico a difesa della libertà di stampa, rafforzando in modo significativo la protezione delle fonti giornalistiche. La vicenda trae origine da un procedimento penale condotto dalla procura di Firenze nei confronti di ignoti per ipotesi di rivelazione di segreto d’ufficio. Nell’ambito delle indagini, il pubblico ministero aveva disposto una perquisizione nei confronti di un giornalista del Corriere Fiorentino, Simone Innocenti, autore di un articolo sul suicidio di una allieva della Scuola Marescialli dei Carabinieri. Oggetto dell’atto era il materiale informatico e documentale presumibilmente in grado di identificare una fonte anonima ritenuta rilevante ai fini investigativi. Il giornalista aveva impugnato il provvedimento, invocando l’art. 200 c.p.p. e l’art. 2 della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica, che tutelano il diritto al segreto professionale. La Corte, annullando il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, ha riaffermato con forza che il diritto del giornalista a non rivelare le proprie fonti non è un mero privilegio di categoria, ma un “diritto-funzione” fondato sull’art. 21 della Costituzione e sugli obblighi internazionali assunti dall’Italia, in primis la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 10 CEDU). La Corte di cassazione ha ripreso più volte la giurisprudenza della Corte EDU, in particolare il caso Goodwin c. Regno Unito (1996), che ha riconosciuto che l’obbligo di rivelare una fonte “non può essere compatibile con la libertà di ricevere e diffondere informazioni”. Secondo la Cassazione, la perquisizione finalizzata all’individuazione della fonte può avvenire solo in presenza di un interesse pubblico “preminente” e “concreta necessità” accertata da un giudice terzo, non solo dal pubblico ministero. Inoltre, l’autorità giudiziaria ha l’onere di dimostrare l’assenza di vie investigative alternative meno invasive. La sentenza opera un raffinato bilanciamento tra esigenze investigative e diritti fondamentali. Se da un lato riconosce l’importanza dell’efficacia dell’azione penale, dall’altro avverte che la protezione delle fonti non può essere compressa per finalità generiche o in assenza di controllo giurisdizionale effettivo. Il riferimento implicito è all’art. 15 Cost., che tutela la libertà e la segretezza delle comunicazioni. La Cassazione richiama anche la sentenza n. 172/2023 della Corte Costituzionale, che aveva già riconosciuto la particolare delicatezza delle misure coercitive che incidono su soggetti terzi rispetto all’indagine, specie quando questi svolgono una funzione costituzionalmente protetta, come i giornalisti. Le associazioni di categoria, tra cui la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), hanno salutato la pronuncia come una “sentinella della democrazia”. Sul fronte opposto, alcuni ambienti giudiziari temono che il rafforzamento delle garanzie possa ostacolare la lotta ai reati più insidiosi, come quelli economico-finanziari. Tuttavia, come sottolineato dalla Corte, la libertà di stampa non è solo un diritto individuale, ma una condizione strutturale per il funzionamento della democrazia. E in questa prospettiva, la protezione delle fonti non è solo un dovere etico del giornalista, ma un diritto costituzionale dei cittadini. La pronuncia della Cassazione del marzo 2025 rappresenta un passaggio fondamentale nella definizione dei rapporti tra potere giudiziario e libertà di informazione. In un’epoca segnata dalla sovraesposizione mediatica e dalla crescente polarizzazione politica, riaffermare l’indipendenza e la riservatezza del lavoro giornalistico è un atto di civiltà giuridica. La sentenza della Corte di cassazione sembra, comunque, anticipare le prescrizioni dell’European Media freedom act che entreranno in vigore dal prossimo mese di agosto e la cui effettiva applicazione animerà sicuramente il dibattito pubblico.
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