“E’ attività giornalistica quella che si svolge in trasmissioni a carattere propriamente informativo, ancorché non inserite in radio, telegiornali o comunque testate giornalistiche, laddove il lavoratore svolga mansioni intrinsecamente giornalistiche quali la raccolta, l’elaborazione e l’interpretazione critica delle notizie con l’apporto creativo costituito dal personale contributo di pensiero e valutazione”. L’Inpgi esulta: anche la Cassazione ha riconosciuto il principio espresso dando così ragione all’istituto nazionaler per la previdenzia dei giornalisti nei confronti di un’emittente nazionale sulla posizione di alcuni lavoratori.
In una nota, l’Inpgi ha spiegato: “Le testimonianze raccolte dagli ispettori dell’Istituto e confermate nei diversi gradi di giudizio hanno consentito il recupero della contribuzione per quattro giornalisti formalmente inquadrati come programmisti registi in quanto, come si legge nella sentenza d’appello confermata, ‘partecipavano alle riunioni di redazione per l’impostazione del programma, raccoglievano notizie ed informazioni sul servizio loro assegnato, facevano i sopralluoghi necessari per la raccolta della documentazione e la ricognizione delle fonti, indicavano alla troupe cosa riprendere, intervistavano le persone ideando le domanda assieme ai conduttori, selezionavano le immagini per il montaggio, scrivevano i testi ed effettuavano collegamenti esterni in diretta’ “.
La decisione rischia di produrre conseguenze importanti nello scenario dell’editoria nazionale. Il riconoscimento potrebbe, infatti, riportare nell’alveo Inpgi decine di lavoratori che sono state inquadrate in maniera differente dei datori di lavoro e che, adesso, potrebbero vedere cambiare la loro posizione.
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