I principali motori di ricerca online (Google, Yahoo! e Microsoft) sono finiti nel mirino delle Autorità europee per il mancato rispetto delle norme sulla privacy stabiliti dalla Direttiva 95/46/CE.
I garanti Ue hanno chiesto alle società americane di ricorrere ad un revisore esterno al fine di verificare l’anonimato dei dati di ricerca degli utenti. Il timore è che, a partire da questi dati, si possano realizzare dei veri e propri profili individuali che possono essere utilizzati per risalire all’identità degli utenti, ai loro orientamenti sessuali, politici, religiosi, alle loro malattie e alle loro abitudini alimentari e di vita.
L’interesse è rivolto soprattutto a Google il quale ha già diminuito da 18 a sei mesi il periodo di conservazione dei dati della navigazione. “Considerando la posizione dominante che Google detiene in quasi tutti gli Stati membri, con una quota di anche il 95% in alcuni mercati, la compagnia riveste un ruolo significativo nella vita quotidiana dei cittadini europei e la sua apparente mancanza di impegno sul tema della conservazione dei dati è preoccupante”, hanno spiegato i Garanti europei, sottolineando che “trattare i dati in maniera leale e legale è cruciale alla luce della proliferazione delle informazioni coinvolte (immagini digitali, contenuti video e audio, ecc.) e del crescente utilizzo dei sistemi di localizzazione online”.
“Mentre un periodo di conservazione dei dati breve è un bene per la privacy, periodi più lunghi sono richiesti per motivi di sicurezza, innovazione e conformità alla legge”, spiega Peter Fleischer, consulente di Google per la privacy. La conservazione di dati per un certo tempo è, infatti, necessaria per la tutela da attacchi di hacker e da eventuali abusi del sistema pubblicitario del motore di ricerca stesso.
Federica Liucci
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