Categories: Giurisprudenza

APPROVATA LA MOZIONE DELLA MAGGIORANZA SUL LODO ALFANO

Nella seduta odierna, la Camera ha approvato la mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187 e respinto le mozioni Franceschini ed altri n. 1-00185 e Di Pietro ed altri n. 1-00186 sull’abrogazione della legge n. 124 del 2008 (cosiddetto lodo Alfano), sulle riforme costituzionali e sugli interventi in tema di giustizia.
Contemporaneamente alla discussione in Aula si è tenuta una manifestazione a Roma che ha visto giornalisti e cronisti in un insolito corteo in bicicletta lungo vie del centro, con indosso pettorine con lo slogan “liberi di informare, liberi di sapere”. Ad attenderli, di fronte a Montecitorio, un gruppo di parlamentari – fra cui Vincenzo Vita, Roberto Zaccaria, Tana de Zelueta e Donatella Ferranti per il Pd e Massimo Donadi e Giuseppe Giulietti dell’Idv – e il presidente della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) Roberto Natale. “Vogliamo far sapere ai cittadini – ha detto il segretario della Fnsi, Franco Siddi – che questo ddl non è a tutela della loro privacy ma impedisce loro la conoscenza e la libertà di giudizio essenziali per la democrazia e la legalità”.
Il ddl, al centro delle polemiche, prevede che il Pm potrà chiedere l’autorizzazione a intercettare solo in presenza di “evidenti indizi di colpevolezza”. Nelle indagini di mafia e terrorismo basteranno “sufficienti indizi di reato”. La richiesta dovrà essere autorizzata da un Gip collegiale del capoluogo del distretto. Ma il giudice dovrà poi compiere una sua valutazione autonoma del caso. Inoltre, il magistrato che rilascia “pubblicamente dichiarazioni’” sul procedimento che gli viene affidato ha l’obbligo di astenersi. E dovrà essere sostituito se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d’ufficio. Il suo nome non potrà essere citato.
Il ddl prevede, inoltre, l’arresto fino a un anno e l’ammenda da 500 a 1.032 euro per pubblici ufficiali e magistrati che omettano di esercitare “il controllo necessario ad impedire la indebita cognizione o pubblicazione delle intercettazioni”. Gli atti delle indagini preliminari potranno essere pubblicati, ma solo per sintesi e a condizione che siano stati messi a disposizione delle parti. Nel testo originario si prevedeva il carcere da uno a tre anni per i cronisti che pubblicano intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione. Ma dopo il vertice di maggioranza degli inizi di marzo le modifiche prevedono ancora una pena detentiva, ma più lieve: da sei mesi a tre anni, e che può essere trasformata in una sanzione pecuniaria.

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