Agcom, Preto: Le app di messaggistica devono pagare per utilizzare le reti telefoniche

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Proposta choc dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che imporrebbe una tassa alle applicazioni di messaggistica in cambio della vendita di altri servizi

Diversamente da quanto sancito dal Parlamento europeo rispetto alla fruizione di contenuti attraverso le telco, secondo Antonio Preto  garante dell’Autority italiana tutte le company che, per veicolare i loro servizi di messaggistica utilizzano le diverse compagnie telefoniche, devono pagare un prezzo ai rispettivi operatori proprietari della rete e dei numeri utilizzati.

L’idea di Preto è stata formulata in seguito ai dati emersi dalla recente indagine sui servizi di comunicazione elettronica realizzata dall’Agcom secondo la quale si rende necessario un aggiornamento dell’attuale legge sulla privacy per quanto riguarda l’utilizzo di alcune app, scaricate gratuitamente dal web, come Messenger, Telegram o Whatsapp.

Non essendo stato quantificato alcun importo, se la proposta del Commissario diventasse legge, queste società sarebbero costrette a negoziare un accordo e pattuire un compenso adeguato per lo sfruttamento sia delle reti mobili che fisse.

Un transito che, proprio come avviene per la rete stradale tradizionale, avverrebbe previo pagamento anche sulla rete internet, indipendentemente dal fatto che le società che gestiscono tali applicazioni abbiano scelto di veicolare il servizio senza alcun addebito nei confronti dell’utilizzatore.

Proprio in questo senso, a gennaio di quest’anno, si è registrato il dietro-front di WhatsApp che ha eliminato il canone simbolico di 0,89 centesimi di euro all’anno, inizialmente previsti per tutti gli utenti che usufruivano del servizio sia dal pc che da qualsiasi dispositivo mobile.

Il provvedimento studiato dal Garante italiano nasce dal bisogno di tutelare gli interessi delle telco più piccole. Secondo Preto, infatti, solo imponendo una tassazione ai grandi player si garantirebbe la presenza sul mercato anche di altri competitor, meno importanti, ai quali verrebbe assicurata la stessa accessibilità.

“Il rischio – prosegue il Commissario – è quello che giganti come Facebook finiscano, nel tempo, col monopolizzare l’intero mercato impedendo la diffusione e la crescita di altre piccole realtà” –  in grado di fornire servizi simili se non più innovativi.

Per scongiurare il pericolo che in Italia le società già affermate decidano di reagire eludendo tale tassazione cioè non rendendo più disponibili le loro applicazioni nel nostro Paese, Preto ha pensato che spetterebbe all’Agcom detrarre agli utilizzatori una parte del credito telefonico offrendo servizi aggiuntivi.

In questo modo si creerebbe un’ equa compensazione grazie alla quale le aziende tassate da un lato, non violerebbero la normativa italiana e, dall’altro, sarebbero risarcite con nuove entrate.

Ma non solo. Per essere operative nel Belpaese le app di messaggistica dovrebbero munirsi di una una sorta di licenza piegandosi alle nostre disposizioni che regolano la legge sulla privacy, aprire un call center in Italia a disposizione degli utenti e consentire la possibilità di effettuare chiamate d’emergenza gratuitamente verso i numeri 112 e 113.

Nell’insieme si tratterebbe, quindi,  di una una vera e propria rivoluzione destinata a cambiare per sempre l’approccio con gli internauti che, secondo una stima basata sugli ultimi dati riportati da e-Marketer, nel 2018 saranno più di 2 miliardi in tutto il mondo, includendo colossi come WeChat, Line e Snapchat.

Proprio questi ultimi, partendo dalla messaggistica, oggi rappresentano grandi realtà in grado di fornire maggiori servizi e funzionalità attraverso l’offerta di contenuti a pagamento quali giochi, video, emoticon, pubblicità ed e-commerce, sempre più core business di piattaforme che, nel giro di pochi anni, hanno avuto una crescita rapidissima ed esponenziale finita nel mirino del Commissario italiano Agcom.

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