E fu così che l’Europa (finalmente) scoprì ciò che gli editori e i giornalisti denunciano da anni: Google declassa i link che portano dalle pagine di ricerca ai siti di giornali e aziende editoriali. In barba a ogni legge, a cominciare dal Digital Markets Act. Bruxelles ha deciso di aprire un faro. Vuol vederci chiaro. L’Antitrust Ue ha dunque deciso di aprire un’istruttoria per verificare le prassi di Mountain View. E per capire fino a che punto si è spinta l’azione, autoreferenziale, del gigante digitale per eccellenza.
L’obiettivo sarà comprendere se Google nel declassare i siti web degli editori applichi “condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie”. Ha messo nel mirino la “politica contro gli abusi della reputazione dei siti web”. Mountain View limiterebbe la visibilità di siti web e contenuti mediatici di altri editori nelle sue pagine di ricerca quando questi siti includono contenuti di partner commerciali. E lo fa per evitare “manipolazioni”. La Commissione vuol vederci chiaro proprio su questo. Per capire se le scelte di Google non limitino la libertà degli editori di condurre attività commerciali legittime con fornitori di contenuti terzi. Insomma, la solita storia: o ti “servi” da loro oppure sei fuori. Il guaio, però, è che Big Tech non può decidere in base alle sue convenienze e ai suoi affari cosa proporre e cosa nascondere ai lettori. È in ballo la democrazia, il pluralismo, l’informazione. L’Europa, su questo, è chiamata a una battaglia sacrosanta che, adesso, deve fare piena luce e denunciare quello che è diventato il digitale: un sostanziale oligopolio. Che fa male a tutti.
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