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TWITTER ED IL FUTURO DEL GIORNALISMO IN ITALIA

Il noto servizio gratuito di social network e microblogging pone nuovi interrogativi sul ruolo della comunicazione interattiva nell’informazione giornalistica.
L’interfaccia web fondata nel marzo 2006 dalla Obvious Corporation di San Francisco, si configura quale spazio virtuale di condivisione e diffusione di informazioni in continuo divenire. L’immediatezza e la semplicità di utilizzo del mezzo, la cui originalità è dettata dalla brevità dei singoli messaggi –sms del web di 140 caratteri – rispetto al rivale Facebook, privilegia da subito il contenuto veicolato in rete dagli internauti/osservatori di certi eventi catturati in tempo reale. Il profilo dello strumento asseconda la natura di quel giornalismo partecipativo già osservato in occasione del terremoto in Abruzzo, quando migliaia di tweets (dall’inglese “cinguettii”) si sono riversati nel web subito dopo le prime scosse per dare l’allarme. Non è un caso quindi se alcune delle testate italiane abbiano intuito le potenzialità del mezzo che ad oggi arriva a valere ben 5 Mld. Il fenomeno di collegamento ai microblogging del servizio da parte dei giornali nazionali inizia circa un anno e mezzo fa con il Sole24ore, il Gruppo L’Espresso, il Corriere dello Sport ed Il Giornale.

Ma ai fini del sistema mediatico, può a tutti gli effetti Twitter definirsi quale “atto giornalistico”? E’ il quesito posto dall’esperto di new media Brian Solis che, riferendosi a Twitter News Network, posiziona il sistema di interfaccia web in un posto rilevante nell’economia dell’informazione, nella filiera che va dall’acquisizione, alla verifica di attendibilità della notizia affidata poi ai mass media. I limiti strutturali derivanti dall’impossibilità di approfondire gli elementi di una notizia attraverso il mezzo in questione sono un fatto. Eppure è altrettanto una realtà che Twitter possa ad ogni modo qualificarsi come opportunità per un giornalismo responsabile ed autorevole di coprire vuoti informativi in contesti geo-politici dove è difficile arrivare: le vicende in Maghreb ne costituiscono l’esempio più immediato.
In un articolo comparso sul Corriere Economia di febbraio il giornalista Carlo Formenti, citando una ricerca dell’ HP Labs di Palo Alto con il monitoraggio per 40 giorni di decine di milioni di tweets, ha rilevato che il meccanismo del passaparola nello scambio dei messaggi risulti essere il re-tweet ad argomenti la cui fonti privilegiate restano però i media professionali. Nonostante ciò è condivisibile la considerazione che i tweets svolgano un ruolo fondamentale, quanto meno nell’atto di scarto o acquisizione dei temi trattati dalle grandi o piccole testate giornalistiche, specie quando la stessa attenzione viene proiettata su alcuni argomenti alle volte trascurati o dimenticati dalle fonti ufficiali.
Manuela Avino

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