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TREMONTI VS ROMANI: A CHI ANDRANNO I FONDI DELLA GARA 4G?

La bozza del ddl stabilità che il Consiglio dei Ministri si appresta a discutere oggi assegna il 50% delle risorse aggiuntive provenienti dall’asta delle frequenze 4G a fondi a disposizione del ministero dell’Economia, contrariamente alla previsione iniziale di reimpiego per gli investimenti nelle Tlc. La notizia non è stata presa bene dal Ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani anche perché la legge 220/2010 dispone che «eventuali maggiori entrate accertate rispetto alla stima» di 2,4 miliardi di euro «sono riassegnate nello stesso anno al Ministero dello Sviluppo Economico per misure di sostegno al settore, da definire con apposito decreto del Ministro Romani, di concerto con il Ministro dell’economia e delle Finanze». Inoltre, la legge 111/2011 precisa che una quota «non superiore al 50% delle eventuali maggiori entrate accertate rispetto alla stima» di 2,4 miliardi di euro «sono riassegnate nello stesso anno al Mse per misure di sostegno al settore».
Una nota diffusa dal Mse evidenzia come il successo della gara 4G sia «stato determinato anche e soprattutto dal fatto che le società di telecomunicazione hanno formulato le proprie offerte, nel corso della gara, nella consapevolezza normativa che una parte delle risorse sarebbe stata reinvestita nel settore Tlc». «E’ bene ricordare – continua il comunicato – che l’investimento di questi fondi in innovativi progetti di infrastrutturazione delle reti farà da volano all’investimento di ulteriori risorse private, con un rilevante effetto anticiclico, sia sul fronte economico che occupazionale.
Oltre alla riduzione del deficit assicurata dalla gara 4G, l’Mse sta dando un forte contributo sia sul fronte del contenimento della spesa, sia su quello della tutela degli investimenti strategici per il governo e per il Paese. Come ampiamente condiviso dai gruppi parlamentari di maggioranza, è dunque necessario garantire, anche sul fronte delle Tlc, la continuità degli investimenti e della crescita. Diversamente – conclude la nota – si arrecherebbe un danno grave al settore e all’Italia».

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