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SCISSIONE TIMEDIA. IN VEDNITA LA7 E FREQUENZE. POSSIBILI 15 ACQUIRENTI. MA ATTENZIONE AL PLURALISMO

La7 e frequenze divise e pronte alla vendita. L’ad Stella si dimette, ma rimane nel gruppo. Sindacati e giornalisti contro lo spezzatino. Presentata un’interrogazione dall’Idv.
Procede l’operazione di scissione e vendita di TIMedia. Il cda ieri ha esaminato «l’evoluzione del percorso di trasformazione organizzativa e societaria del gruppo, assumendo alcune decisioni di riassetto dell’organizzazione direzionale e della governance aziendale». In altre parole TIMedia verrà scissa in due società. Per la televisione verrà formata una società ad hoc: La7 Srl. Le infrastrutture, le torri e le frequenze (quest’ultime constano di 3 multiplex) rimarranno a TIMedia Broadcasting. I due rami dono in attesa di uno o più acquirenti.
Oltre a quello societario, cambia anche l’assetto dirigenziale. Giovanni Stella si è dimesso da ad e vicepresidente esecutivo di TIMedia. Tuttavia egli ha mantenuto la carica di consigliere. Stella ora vuole «focalizzarsi in particolare sulla gestione delle attività televisive anche al fine di valorizzare incrementalmente questo asset». In altre parole continua a gestire l’attività televisiva di TIMedia, pur non essendo più ad.
Al presidente Severino Salvemini è stata attribuita «la responsabilità della gestione strategica e del governo complessivo del gruppo», nonché «la gestione delle operazioni straordinarie» e la definizione del sistema di controllo interno.
Ritornando alla vendita di tv e frequenze, i documenti esplicativi dell’attività di TIMedia sono stati richiesti e letti da molte società. Si parla di 15 potenziali acquirenti, di cui molti non sono noti. Qualche settimana fa si è parlato di Carlo De Benedetti che, tramite il Gruppo L’Espresso, sarebbe interessato all’affare industriale e relativamente sicuro delle frequenze. Sono usciti i nomi di Urbano Cairo, già presente nel gruppo con la Cairo Communication, società che procaccia pubblicità televisiva; di Tarak Ben Ammar, tra le altre cose presidente di Prima Tv e consigliere di Telecom Italia e di Mediobanca (quest’ultima è una delle advisor incaricate di gestire la vendita) e di Della Valle, noto imprenditore italiano. Più recenti gli interessi di Al Jazeera; del gruppo Bertelsmann (una multinazionale tedesca fondata nel 1835 con interessi nella radiotv, nell’editoria, nella musica e nella comunicazione); di Discovery Channel e di Sky Italia.
Tuttavia non è tutto ora quella che luccica. Delle proposte concrete non ci sono ancora state. Lo stesso De Benedetti ha smentito l’interesse. Anche l’ad di Sky Italia, Andrea Zappia, ha precisato che ha letto il dossier di TIMedia solo per comprendere gli scenari futuri del mercato. «Quando c’è un operatore in vendita chiunque va a vedere i documenti», ha affermato Zappia.
In ogni caso la vendita del “terzo polo televisivo”, che comprende anche La7D e Mtv Italia (quest’ultima è posseduta per il 51% da TIMedia) sarà una operazione delicata. Sulle condizioni di vendita è intervenuto, già circa 3 mesi fa, il presidente Telecom, Franco Bernabé. «La dismissione di asset nei media come i nostri richiede due condizioni: la massima trasparenza e la salvaguardia dei valori che La7 ha creato in questi anni», ha affermato Bernabé.
In tv trasparenza e salvaguardia significano anche pluralismo. Sia il sindacati (Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil) che i giornalisti paventano già il rischio di una distorsione del mercato tv a favore del duopolio Rai-Mediaset. Ciò comporta anche rischio per il pluralismo televisivo, che in Italia è già monco. In effetti un eventuale “spezzatino” del terzo polo televisivo favorirebbe le altre emittenti, soprattutto quelle già dominanti, anche comunque in crisi.
L’Idv, il 27 giugno, si è fatto portavoce, tramite il senatore Elio Lannutti, di questo rischio con un’interrogazione parlamentare. «L’Esecutivo deve vigilare sull’intero iter dello scorporo delle frequenze, affinché l’operazione non porti ad uno smantellamento dell’informazione offerta dalla terza emittente in Italia, ovvero La7: una voce affidabile ed obiettiva all’interno del complesso panorama della comunicazione e dell’informazione nel Paese». In effetti la tv italiana rischia di perdere un’emittente importante che, sebbene non raccolga una pubblicità sufficiente, è in costante crescita.

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