Categories: Editoria

Pessina, Report e l’Unità. La domanda che nessuno si è posto

L’indagine di Report sui presunti vantaggi che il costruttore Pessina avrebbe conseguito a seguito della partecipazione nell’Unità riapre un tema di fondamentale importanza: il ruolo dell’editore puro; per carità, la verginità in un mondo che pensa alle cose e non alle teorie si dovrebbe riservare ai nati nel mese di settembre. Ma la vicenda dell’Unità dovrebbe essere l’occasione per riflettere su argomenti centrali per la democrazia. Il giornale del pd dovrebbe essere il giornale del pd, semplice. Per quale ragione un imprenditore dovrebbe investire in un quotidiano organo di un partito politico e rispetto al quale ha tutti i vincoli che gli può, legittimamente, porre la direzione del partito? Nessuno ha risposto a questa semplice domanda, nè il pd, nè gli antagonisti, cinque stelle in testa. Appare normale e pacifico che un costruttore si aspetti, a fronte di una partecipazione a perdere in un giornale, dei vantaggi, se non altro in termini relazionali: possibilità di interlocuzione diretta con la massima dirigenza del partito e, talvolta, con il Governo: e possibilità di chiedere, visto che di anno in anno gli viene chiesto a sua volta di coprire le perdite. Nella recente riforma dell’editoria, promossa e fortemente voluta dal Governo Renzi, è stato previsto il divieto di accedere al sostegno pubblico per i giornali di partito: il che significa mettere nelle mani del mercato dei prodotti che oramai mercato non hanno: anche se, a detta di qualcuno, continuano a svolgere un ruolo pubblico garantito dalla stessa costituzione. Sarebbe stato opportuno che proprio nell’ambito della riforma si desse evidenza della necessità di garantire un livello massimo di trasparenza ai mezzi di finanziamento dell’informazione dei partiti, in modo da evitare l’imbarazzo che in questi giorni crea la vicenda dell’Unità. Questa la contraddizione un partito che dice di lottare contro la demagogia ma puntualmente ci inciampa, proprio come nella decisione di prevedere l’abolizione del sostegno pubblico per i giornali di partito, icona di un contro che non tiene conto del come, senza porsi il problema dei mezzi di finanziamento alternativi.

Enzo Ghionni

Salvatore Monaco.

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