La delega di Paolo Peluffo all’editoria, dopo la breve parentesi di Carlo Malinconico, era stata salutata da tutti gli addetti al settore con molto entusiasmo. E in effetti, le aspettative, per il momento, non sono state deluse. Peluffo si è messo subito all’opera per cercare nuovi fondi per l’editoria e evitare la chiusura di centinaia di testate e per rivedere i criteri di assegnazione per i prossimi anni. «II pluralismo dell’informazione si difende con prodotti editoriali letti dal pubblico e per i finanziamenti dell’anno prossimo ci orienteremo sulle copie effettivamente vendute». Ha dichiarato ieri, da Pisa, il sottosegretario riferendosi ai contributi 2012. Peluffo ha aggiunto che «la valutazione del presidente del consiglio e mia è che è necessario ripensare ai meccanismi per risparmi di spesa in linea con nuovi criteri di trasparenza del sistema e maggiore efficacia nel premiare chi industrialmente è riuscito a stare meglio sul mercato e quindi fa prodotti editoriali letti». Operazione per cui, secondo Peluffo, «ci dovremmo muovere, ma se ne parlerà prima in Parlamento, verso una maggiore selettività dal punto di vista industriale aprendo le prospettive all’ordine».
Dunque il primo passo è la predisposizione di un decreto (già firmato dal sottosegretario Antonio Catricalà) che trasferisce 50 milioni di euro dal fondo per le emergenze, il cosiddetto fondo Letta, a quello per l’editoria, soldi che sommati ai 23 milioni recuperati da Peluffo e ai 50 già esistenti, riportano l’ammontare del fondo a 123 milioni di euro. Non sono ancora i 150 milioni che sarebbero serviti, ma sicuramente per le quasi cento testate no profit, di idee, di partito e cooperative ormai appese a un filo si tratta di un intervento che permette di guardare ai bilanci aziendali con un minimo di serenità in più.
Il secondo passo a fine marzo quando al Consiglio dei ministri verrà presentato un decreto legge che riformerà i criteri di assegnazione. Il finanziamento pubblico sarà calcolato al 70 per cento sulle vendite reali in edicola e al 30 per cento sui costi di gestione: niente milioni sprecati ai più furbi che tirano migliaia di copie che morivano direttamente al macero senza tarsi notare nemmeno dai lettori. Esempio: un grande quotidiano potrà avere al massimo 3,5 milioni di euro per le vendite e al massimo 2 milioni di euro per i rimborsi dei costi sostenuti.
Il decreto legge fisserà i punti di partenza, poi un disegno di legge delega dovrà sviluppare le idee di Monti e Peluffo che, spiegano, «non vogliamo limitarci a fotografare il mercato attuale, ma vogliamo cercare di aprire il settore a nuovi operatori».
La riforma prevederà incentivi per il passaggio su Internet dei quotidiani che non riescono a raggiungere un numero adeguato di copie vendute in edicola e anche per le società che intendono investire nel settore.
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