Dice un dirigente dell’autorità Garante della privacy: “Chiunque tra il 2001 e l’inizio del 2008 abbia usato la rete Internet deve sapere che tre tra i maggiori fornitori di accesso del Paese (Telecom Italia, Vodafone e H3g), hanno registrato tutto il traffico da mobile di quegli anni. Non tutti lo facevano con la stessa profondità, e lo abbiamo specificato nei nostri provvedimenti del 17 gennaio 2008. Non è nemmeno detto che lo abbiano fatto in modo continuo dal primo all’ultimo giorno. Però quella raccolta di dati avveniva e il pretesto era che bisognava tenersi pronti per rispondere alle richieste dell’autorità giudiziaria”.
Insomma, cari utenti di Internet di quegli anni, siete avvertiti: da qualche parte esisteva (e “dovrebbe” non esistere più) un complesso sistema di grossi hard disk sui quali c’erano gli indirizzi (URL) di tutte le nostre pagine Internet visitate. “Tutte, ma proprio tutte”. Più le password che immettevate per entrare nella vostra mail, i codici di accesso alla banca (se il sistema non era protetto). Per non parlare di chat e messaggi posta. Tutto era “captivato” e tutto era leggibile.
Ora, dal gennaio del 2008 non lo è più. Non solo: in Italia è stato anche adottato il sistema dello “Ip univoco” che rappresenta un passo avanti in materia – in Inghilterra, dopo gli attentati del 2005, è successo qualcosa di simile e su scala più ampia.
(Repubblica.it)
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