La situazione in Ungheria è grave. E no solo per la libertà di stampa. «Non è più democrazia da noi, è autocrazia. Spero che presto ce ne libereremo, spero nell’Europa». Così Gyorgy Konrad, massimo scrittore magiaro vivente, dissidente ieri e oggi, nell’ora decisiva. Il regime promette correzioni alle leggi liberticide (specie quella che abroga l’indipendenza della Banca centrale) a poche ore dall’incontro tra il negoziatore ungherese Tamas Fellegi e la presidente del Fmi, Christine Lagarde. Senza i 20 miliardi di dollari del Fmi e della Ue il default è alle porte. Szolidaritàs, l’organizzazione-ponte dei democratici, invia a Bruxelles migliaia di lettere di ungheresi che chiedono aiuto, «vogliamo restare cittadini europei».
L’informazione sta subendo in Ungheria una pericolosissima stretta autoritaria. La nuova Costituzione, entrata in vigore all’inizio dell’anno, ha ulteriormente aggravato un quadro già reso buio dalla legge sui media. Siamo all’asservimento del servizio pubblico, alla centralizzazione in mano governativa della diffusione delle notizie, all’epurazione di centinaia di giornalisti, alla chiusura delle poche voci informative indipendenti. Per sostenere i giornalisti ungheresi, oggi, a Roma, la Fnsi organizza alle 17 un sit-in davanti all’Ambasciata d’Ungheria.
«Non si tratta soltanto di difendere l’informazione indipendente in Ungheria, per quanto importante», si legge in un comunicato stampa della Fnsi. «Questo è un passaggio cruciale per la credibilità stessa delle istituzioni europee. L’Unione non può vivere esclusivamente di parametri economici. Se l’Europa vuole avere un senso per i suoi cittadini, deve dimostrare di saper proteggere valori almeno altrettanto fondamentali quanto la stabilità finanziaria. Contro un governo che con le sue azioni si colloca fuori dai patti della Carta fondamentale europea, è il momento che l’Unione faccia sentire forte la sua iniziativa».
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