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LOMBARDIA. BOCCIATO IL 25% DEI PRATICANTI GIORNALISTI

L’articolo di www.giornalismoedemocrazia.it segnala l’alto numero dei bocciati tra i praticanti lombardi falcidiati soprattutto dalla prova scritta. Ci si chiede come mai le scuole di giornalismo o un praticantato di 18 mesi nelle redazioni, non riescono a insegnare ai neo redattori a scrivere in modo professionale?

I risultati degli esami professionali pubblicati da “Giornalismo e democrazia” hanno provocato molte osservazioni e qualche polemica. Ma l’analisi può andare più in profondità, ad esempio, attraverso la constatazione di quanto accade a Milano, uno dei grandi Ordini regionali della categoria. Impressiona, senza alcun dubbio, il numero di coloro che vengono poi respinti dalle commissioni nazionali.
L’Ordine della Lombardia, insieme con quello del Lazio, è il più grande d’Italia. Nell’arco di 15 mesi (da gennaio 2011, a maggio 2012) ha inviato all’esame di stato 295 candidati. Sappiamo (grazie alla cortesia della presidente Letizia Gonzales) che essi erano così suddivisi: praticanti assunti o d’ufficio 207; praticanti delle scuole 88. I bocciati sono stati 80 (56 “normali” e 24 dalle scuole). Ricordiamo che Milano ha quattro scuole biennali che formano praticanti e li preparano per l’esame di giornalismo.
Il rapporto fra il numero dei praticanti e quello dei bocciati è dunque 295/80. La percentuale di coloro che alle prove di stato vengono rimandati indietro (intorno al 25 per cento) è certamente spiacevole. Sappiamo che la stragrande maggioranza delle bocciature si registra alle prove scritte, mentre quelle orali fanno meno vittime. Dunque, si deve ragionare sulle capacità di scrittura dei praticanti. E ciò anche per quelli delle scuole (24 bocciati su 88), che pure svolgono un addestramento intensivo, piuttosto massiccio, ma evidentemente non sufficiente. Più comprensibile è il rapporto (56 su 207) dei praticanti “normali”, soprattutto perché fra costoro ci sono persone (circa un terzo) che non hanno svolto un’attività regolare, in redazione, ed hanno alle spalle una preparazione talvolta “precaria”.
C’è comunque da tenere presente che le prove scritte sono rigorosamente anonime, per cui i commissari non conoscono la provenienza dell’autore del singolo elaborato. Essi esprimono i propri giudizi (collegiali) sui testi, in base a criteri non sempre omogenei e trasparenti. Sulle modalità con cui si svolgono gli esami di stato la polemica è antica. Dice Angeolo Agostani, direttore dei corsi allo Iulm di Milano: “Spesso vengono bocciati i migliori. Noi l’abbiamo messo nel conto e cerchiamo prima di preparare, poi di rincuorare i malcapitati di turno.”

Non esistono neppure dati precisi sul possesso o meno di una laurea, che secondo la legge non è ancora obbligatoria. Peraltro, è noto che il diploma universitario non dà garanzie in merito alle capacità di scrittura.
Una doppia osservazione, abbastanza ovvia. Le bocciature, da una parte possono essere considerate un segnale positivo: chi è scarso viene rimandato indietro; dall’altra sono tardive poiché riguardano persone già inserite nel tessuto connettivo dell’editoria giornalistica. Potrebbero essere fermate prima? E da chi? Non esiste una selezione all’inizio del praticantato, così come non rientra fra i poteri degli Ordini regionali una valutazione delle doti iniziali o delle capacità acquisite nel corso dell’addestramento.

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