Editoria

La Fieg chiede una legge di sistema per l’editoria

La richiesta è arrivata con toni insolitamente diretti. Intervenendo al convegno «Lo strapotere delle big tech. Editori responsabili e giganti sregolati», il presidente della Fieg Andrea Riffeser Monti ha lanciato l’ennesimo allarme: senza un intervento strutturale dello Stato, il sistema dell’informazione rischia il black out. Riffeser ha ribadito la necessità di una legge di sistema che stabilizzi il sostegno pubblico, intervenga sul rapporto con le piattaforme digitali e definisca regole certe per la produzione giornalistica. «Non ci bastano i soldi che di anno in anno dobbiamo chiedere – ha dichiarato – serve un intervento definitivo». Fin qui la cronaca. Ma la posizione della Fieg apre due riflessioni che non possono essere eluse.

  1. Un cambio di posizione storico della Fieg sul sostegno pubblico

Per anni la Federazione degli editori è stata ferma nel ritenere che il sostegno pubblico fosse distorsivo, dannoso per il mercato e soprattutto utilizzato per finanziare realtà piccole, talvolta minori, che secondo la narrativa corrente avrebbero alterato il gioco concorrenziale.

Oggi invece la Fieg afferma apertamente che senza fondi pubblici strutturali i grandi editori non reggono più. Non è una contraddizione: è il riconoscimento, forse tardivo, che il mercato dell’informazione è stato stravolto dal duopolio Google–Meta, dall’esplosione della pubblicità digitale e dalla contrazione dei ricavi industriali. Il problema è che questo cambio di posizione arriva quando la fragilità non riguarda più solo i “piccoli”, ma lo stesso cuore dell’editoria nazionale, fatta di gruppi controllati da grandi industrie, holding finanziarie e famiglie imprenditoriali storiche che alla luce della crisi non sono più disponibili a utilizzare mezzi propri per finanziare le perdite.

  1. Se si finanziano i grandi, ancora più attenzione meritano le cooperative giornalistiche

Se è giusto e doveroso riconoscere che anche i grandi editori svolgono una funzione democratica — e che la concorrenza con le OTT è tecnicamente impossibile da sostenere senza interventi pubblici — non può passare in secondo piano chi rappresenta davvero l’editore puro: le cooperative giornalistiche.

Queste, infatti, non hanno nessuno alle spalle, vivono grazie al lavoro dei soci, che in presenza di perdite sono costretti a rinunciare allo stipendio, sono radicate nei territori ma, soprattutto, garantiscono un’informazione autonoma ed indipendente non avendo altro interesse da tutelare se non quello dei propri lettori.

Al momento lo Stato deve assolutamente intervenire a favore dell’intero comparto, con una legge che dia stabilità e certezze a tutti in un’ottica pluriennale. Ma la capacità che le grandi imprese editoriali di influenzare il decisore politico rispetto agli editori di dimensioni minori determina il rischio che ci si concentri su chi di queste risorse ne ha meno bisogno.

In altre parole: una legge di sistema deve necessariamente distinguere tra editoria industriale ed editoria cooperativa e non profit, prevedendo strumenti diversi e adeguati per ciascun modello.

Enzo Ghionni

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