IL SISTEMA TV DEL PD: CAMBIARE LA GASPARRI E TETTO DI PUBBLICITÀ PER MEDIASET. SARÀ POSSIBILE?

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La promessa della vendita di La7 a Urbano Cairo ha infiammato il dibattito politico. In effetti il sistema televisivo italiano è sempre stato “vittima” di lottizzazioni e lotte partitiche. Pierluigi Bersani avverte: «Se vinciamo cambiamo la legge Gasparri». Vincenzo Vita, senatore del Pd: «Porremo un tetto del 30% a Mediaset per la raccolta degli spot». Ma la storia insegna che non sarà facile cambiare le “regole del gioco”.
Non è una novità che al centrosinistra non va giù la presenza massiccia di Silvio Berlusconi nel mondo mediatico italiano. Ed ecco che la vendita di La7 e i possibili legami tra Cairo e il Cavaliere (peraltro smentiti da entrambi) sono un’occasione adatto per ribadire le idee del Pd riguardo al futuro della tv italiana.
«Bisogna cambiare la legge Gasparri. È una mostruosità. È una norma voluta da Berlusconi per fare ciò che voleva nel far west delle tv. Ma se vinciamo noi, cambieranno le cose. Vareremo una nuova legge antitrust e una ad hoc per il conflitto di interesse nel primi 100 giorni». Lo ha affermato Pierluigi Bersani all’indomani dell’accordo di Telecom Italia con Cairo.
È in effetti tali promesse risultano anche nel programma del Pd.
A dare informazioni più specifiche sul piano-tv del partito di Bersani è Vincenzo Vita, senatore dei democratici: «Vogliamo superare il duopolio Rai-Mediaset. E cambieremo la Gasparri ponendo un tetto alla raccolta pubblicitaria del 30% all’emittente del Biscione [la quale attualmente catalizza il 60% degli sponsor, ndr]. In modo che gli altri potranno avere più risorse. E poi ogni editore dovrà avere un massimo di due reti [ciò varrebbe anche per la Rai, ndr]».
Anche se bisogna precisare che sulla riduzione delle reti Bersani non è d’accordo. «Non voglio essere accusato di espropri. Mi basta un tetto agli spot», ha precisato il leader del Pd.
Ma non sarà semplice cambiare le regole del gioco dettate dal Sistema integrato delle comunicazioni (Sic). Il quale, ricordiamo, è uno strumento pensato per impedire che si vengano a creare delle posizioni dominanti o intese indirette da parte dei gruppi più forti. Il tutto per garantire il rispetto della normativa europea concorrenza e il pluralismo nel settore delle telecomunicazioni. E, quindi, la libertà d’espressione. Attualmente il Sic impedisce che ciascun operatore consegua (nemmeno tramite società controllate) ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi. Tuttavia, a detta di molti, il sistema, definito dalla legge Gasparri (tanto inviso alla sinistra) non garantisce i principi per cui è stato creato.
Ma, come detto in precedenza, non sarà facile ridisegnare le regole del sistema tv. Una frase di un libro che parla della storia della televisione italiana, intitolato “La guerra dei trent’anni”, scritto da Franco Debenedetti (imprenditore e fratello del più celebre Carlo, editore del gruppo Espresso) e Antonio Pilati (consigliere Rai In quota Pdl ed ex commissario Agcom) sostiene questo: «La questione della tv in Italia non è un tema come gli altri. L’incapacità di risolverlo in tanti anni è tutt’uno con l’instabilità politica e la paralisi decisionale». Come dire: non cambierà nulla; e anche se dovesse ritorneranno i vecchi problemi. Sarà vero?

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