Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la compressione degli interessi legittimi di 3Lettronica Industriale, editrice dell’emittente DVB-H H3G, inopinatamente esclusa dal bando, sia intollerabile da parte del nostro ordinamento giuridico (in quanto prevedendo l’assegnazione di frequenze alle sole tv nazionali minori analogiche avrebbe discriminato le nazionali in tecnica numerica). Pertanto, i supremi giudici amministrativi hanno valutato il ricorso dell’operatore DVB-H avverso l’ordinanza del TAR Lazio (che in primo grado aveva rigettato l’istanza cautelare) “sostenuto da sufficiente fumus boni juris” e quindi meritevole di accoglimento. Tra le motivazioni della sospensione del bando, si legge: preclusione alla partecipazione alla gara per l’assegnazione delle frequenze prevista per gli operatori digitali”, circostanza “irragionevole e idonea a creare una asimmetria competitiva al contrario” che non “trova riscontro in espresse disposizioni legislative”.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, dipartimento per le Comunicazioni, dovrà, quindi, rifare tutto anche annullando in via di autotutela amministrativa l’intera operazione, considerata dalla stragrande parte degli analisti ab origine irrealizzabile (la maggior parte dei canali indicati come utilizzabili è in realtà già occupata legittimamente da emittenti locali).
Sullo sfondo di questa decisione cautelare c’è, per qualcuno, una possibile anticipazione dell’attesa sentenza del Consiglio di Stato sul caso Europa 7, che ruota proprio intorno alla mancata assegnazione di frequenze tv a seguito di rilascio di concessione per radiodiffusione televisiva, foriera, per l’editore della rete fantasma Di Stefano (confortato da un provvedimento a lui favorevole della Corte di giustizia europea) del diritto all’ottenimento di un risarcimento dallo Stato italiano. Anche in quel caso, infatti, si parla di assegnazione di frequenze potenzialmente disponibili (quelle di Rete 4 e Raitre, che avrebbero dovuto migrare sul satellite), mai, come noto, avvenuta.
Tuttavia, la distonia censurata dal ricorrente risiede nel sistema nel suo complesso e non già nel caso specifico di Europa 7. Ad essere giuridicamente fallace dovrebbe essere il principio italiano di accesso al sistema radiotelevisivo (di sostanziale impronta privatistica, in quanto basato sull’acquisizione di risorse frequenziali da operatori già attivi e non già previa attribuzione pubblicistica da parte dello Stato) e non la fattispecie di Europa 7.
Fabiana Cammarano
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