Editoria digitale
Mentre in Italia ancora non s’è capito bene come e se funzionerà davvero il 5g, la Cina prosegue nella sua inarrestabile marcia di ammodernamento delle sue infrastrutture.
La provincia del Fujian, regione costiera della Cina orientale che si trova praticamente di fronte a Taiwan ha annunciato di aver allestito ben 20mila stazioni base per il 5g. Uno sforzo, hanno fatto sapere i vertici regionali e nazionali, che è finalizzato a potenziare le infrastrutture digitali e, dunque, a dare un’ulteriore scossa all’economia digitale per Pechino. Ci si è mossi sulla base di una programmazione triennale che, in questo ultimo trimestre d’anno, prevede il lancio di ben 234 nuovi progetti infrastrutturali. Per un investimento che sfiora i trenta miliardi di dollari. Altro che Recovery plan.
Intanto il nostro Paese pare attardato. Come al solito, verrebbe da dire. E non per le proteste dei gruppi di cittadini che sono riuscite a convincere alcuni sindaci a dichiarare i loro territori 5G-free. Secondo quanto riporta Repubblica, per l’Agcom i player istituzionali non avrebbero avuto la forza di organizzare una rete propria. Dunque le strutture sulle quali dovrà “girare” la nuova tecnologia non sono altro che quelle che sostengono già il 4G. Insomma, come mettere il motore di una F1 su una pur performante berlina. Il timone è che non reggerà. Scrive Repubblica: “AgCom precisa che questi operatori stanno installando le antenne 5G in due soli binari dell’etere: sono le bande pioniere a 3700 MHz e 26 GHz. In questo modo, è vero, si arriverà a un aumento della potenza disponibile. Ma resta il fatto che il 5G si appoggia agli apparati esistenti del 4G e alla suo core network. Pertanto, i dispositivi abilitati al 5G sfrutteranno solo in parte la nuova rete, facendo uso però in larghissima misura delle caratteristiche del 4G”.
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