Alle sigle che boicottano Facebook non bastano le pie illusioni di una maggiore partecipazione né la presenza del grande capo Mark Zuckerberg agli incontri. Per il Ceo di Menlo Park, la protesta si sta dimostrando un osso più duro del previsto.
I manifestanti hanno chiesto un impegno serio e concreto al social per combattere “odio e discriminazione”. Ciò si traduce nella presentazione di una serie di proposte che sono definite e ritenute ineludibili da parte di chi protesta. I dirigenti di Fb credevano di poter rabbonire i contestatori dimostrando sensibilità alle loro richieste. Ma a loro, adesso, interessano i fatti. E vogliono, tra le altre cose, la cancellazione in ogni gruppo anche privato, dei contenuti riconducibili a tematiche no-vax oppure razziste o ancora di incitamento all’odio. E, magari, la pubblica gogna per chi li condivide o posta in rete.
Dalla loro, i manifestanti hanno un movimento di opinione che si fonda sulla potenza di fuoco degli inserzionisti maggiori che hanno già annunciato disinvestimenti. A Facebook può interessare fino a un certo punto dato che, come è noto, è dai piccoli che Fb ricava introiti maggiori e costanti. Ma il social vuole uscire dalla caterva di fuoco cui è sottoposto e da cui rischia di finire azzoppato dal momento che, già da tempo, gli utenti più giovani preferiscono iscriversi ad altri social, su tutti il “cinese” TikTok.
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