La storia è quella di Richard Horton, poliziotto quarantacinquennne del Lancashire, che nel suo seguitissimo blog «Nightjack» raccontava le sue esperienze in polizia, rivelava dettagli su casi che si è trovato a risolvere, commentava il lavoro dei colleghi, a volte prendendosi gioco di politici. Nel blog venivano utilizzate informazioni riservate su fatti veri, in alcuni casi riguardanti violenze sessuali su minori. Nomi e luoghi di persone erano stati modificati, ma per chi è un minimo esperto non è stato difficile risalire gli episodi di cronaca veri e propri. Fino a quando i cronisti del ‘Times’ sono riusciti a identificare il suo nome e cognome.
Quando Norton ha capito che il quotidiano britannico aveva intenzione di rendere pubblica la sua identità si è rivolto in tribunale, chiedendo garanzie sull’anonimato. L’Alta Corte però due giorni fa ha respinto la richiesta, affermando che se un blogger decide di rimanere anonimo, ciò non vuol dire che ne abbia sempre diritto e che un giornale non possa svelarne l’identità «perché tenere un blog è un’attività pubblica più che privata».
Insomma, una fonte di notizia a tutti accessibile come il blog non può essere un foglio clandestino. Adesso il foglio di Norton, che ha contato fino a mezzo milione di lettori a settimana è chiuso: «Sapevo che quello che ho scritto poteva imbarazzare la polizia — scrive Richard Horton sul ‘Times’ — ma avevo la protezione dell’anonimato. Senza più quella la vita della mia famiglia è cambiata».
(Dalla rassegna stampa ccestudio.it)
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