Giornalismo, 30 morti “sul lavoro” nel 2015

Nel 2015 finora sono morti 30 giornalisti nell’esercizio della loro professione. Spiccano le vittime dell’attentato di matrice fondamentalista alla redazione del giornale “Charlie Hebdo”

Dal 2000 al 2014 sono stati uccisi 1298 giornalisti impegnati nel loro lavoro in vari Paesi. Nel 2015 si contano finora 30 vittime. Oltre agli otto morti nella strage a Charlie Hebdo, si contano cadaveri in Yemen, Messico, Armenia, Turchia, Ucraina, Colombia, Guatemala, Iraq, Afghanistan, Sud Sudan e Zambia. Anche l’Italia ha la sua ecatombe: almeno 28 giornalisti italiani sono stati uccisi negli ultimi 50 anni, 11 in Italia e 17 all’estero. Sono i dati diffusi nel corso del convegno “Proteggere i giornalisti, conoscere le verità scomode”, promosso da Fnsi e Ordine dei giornalisti in collaborazione con l’associazione “Ossigeno per l’informazione”. In Italia ci sono migliaia di giornalisti che subiscono minacce a causa del loro lavoro. Negli ultimi sette anni i casi verificati da Ossigeno sono stati 2035: nei primi 140 giorni del 2015 sono state documentate minacce a 108 giornalisti. “In Italia abbiamo troppo spesso sottovalutato l’entità e la diffusione del fenomeno delle intimidazioni agli operatori dell’informazione – ha affermato il presidente del Senato, Pietro Grasso -. Una stampa libera, indipendente e corretta è un primo, insostituibile e formidabile antidoto all’affermazione della cultura dell’illegalità”. Grasso ha inoltre auspicato “correzioni al testo che rivede le norme sulla diffamazione a mezzo stampa, approvato poco meno di 10 giorni fa alla Camera”. Il presidente del Senato ha quindi donato a don Luigi Ciotti, presidente di Libera contro le mafie, il suo codice di procedura penale da mettere all’asta domani a Senigallia in occasione della manifestazione organizzata dal programma radiofonico Katerpillar. “Proteggere i giornalisti – ha detto Don Ciotti – significa proteggere la democrazia del Paese. L’informazione non è tale se non è indipendente, ma sempre più spesso ci sono poteri che ostacolano la pubblicazione delle notizie, attraverso le intimidazioni e le pressioni. Dobbiamo imparare a non lasciare soli i giornalisti minacciati, perché non c’è niente di più orribile dell’isolamento”. Al convegno, presieduto da Sergio Zavoli, presidente onorario di Ossigeno, erano presenti anche quattro giornalisti somali di Radio Shabelle perseguitati, processati e condannati per aver raccontato verità scomode al potere politico del loro Paese. I cinque, in Italia grazie all’Ordine dei giornalisti del Lazio e alla Federazione nazionale della stampa italiana, con l’interessamento del Ministero degli Esteri e dell’Associazione Migrare, potranno ora avere asilo politico nel nostro Paese.

fonte: www.francoabruzzo.it

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