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FRANCIA. LA TV PUBBLICA SCIOPERA CONTRO LA RIFORMA DI SARKOZY

“La televisione di Stato diventerà uno strumento di cultura popolare”, la liberazione dagli spot permetterà di scegliere con più libertà una programmazione di qualità. E’ quanto sostiene il ministro responsabile della comunicazione, Christine Albanel, a proposito della riforma della tv pubblica, fortemente voluta da Nicolas Sarkozy. Non sono dello stesso parere i quattromila – tra giornalisti, tecnici e dipendenti di France Télévisions – che hanno sfilato ieri dalla Torre Eiffel fino all’Assemblea nazionale.
La riforma prevede varie misure: l’unificazione in una sola azienda delle cinque reti di France Télévisions (France 2, France 3, France 4, France 5 e France Ô); la nomina dell’amministratore delegato della nuova entità da parte del Consiglio dei Ministri, e, naturalmente, la soppressione della pubblicità dalle dieci di sera a partire dal 9 gennaio su tutte le tv di Stato e completamente dal 2011. Nel contempo sarà consentito ai canali privati (Tf1 e M6 sono i più importanti) di estendere gli spazi pubblicitari.
Le contestazioni riguardano i tagli al personale che seguiranno la creazione di un’azienda unica; la decisione, “politicamente scorretta”, della nomina dell’amministratore delegato direttamente dal governo; i vantaggi di cui godrà Martin Bouygues, proprietario di Tf1 e molto vicino a Sarkozyma; ma, soprattutto, preoccupa il buco di 450 milioni di euro lascito dagli spot. La legge prevede che i finanziamenti alla tv saranno assicurati dallo Strato attraverso una tassa del 3% sulle entrate pubblicitarie dei canali privati e una tassa dello 0,9% sui ricavi degli operatori di tlc. Peccato però che la Commissione parlamentare abbia approvato un emendamento che ha dimezzato le due nuove tasse. E l’Assemblea nazionale potrebbe confermare questa decisione.
Ieri i deputati hanno iniziato l’esame del progetto di legge e si prevede di concludere l’iter entro la fine dell’anno. Ma la battaglia sarà dura, visto che sono stati già presentati più di 400 emendamenti.
Vincenza Petta

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