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Finisce il balletto di Fago. L’editore si aggiudica all’asta Left ma lascia i vecchi dipendenti a casa

Il nuovo editore di Left, Matteo Fago, si è aggiudicato la testata all’asta ma non ha voluto i suoi dipendenti. Una scelta in evidente contraddizione con quello che si legge sul nuovo numero di Left, dedicato al “Jobs diktat” e alla difesa degli operai della Piaggio. «Un’informazione che serva alla costruzione di una sinistra nuova, onesta, indipendente e laica», così definisce il suo giornale Fago, e aggiunge: «EditorialeNovanta, società editrice del nuovo Left, sta già assumendo personale giornalistico e poligrafico». Peccato che i giornalisti e i poligrafici Left li avesse già e che adesso siano rimasti a casa perché sgraditi all’editore. Sette lavoratori su dieci sono fuori dal giornale, che solo oggi ha reso noti i nomi dei tre redattori salvati nella nuova versione. Giova ricordare che Fago fino a dicembre aveva promesso alla cooperativa di giornalisti e poligrafici Left Avvenimenti che avrebbe investito nel loro giornale e sostenuto la loro offerta all’asta. A garanzia di una corretta conclusione delle trattative, era stata nominata condirettore Ilaria Bonaccorsi – attuale direttrice del Nuovo Left – che aveva approvato un piano editoriale basato anche sulla conservazione di tutti i posti di lavoro. A Natale arriva il voltafaccia dell’editore, che comunica di non voler entrare in cooperativa. I lavoratori hanno cercato di riaprire il dialogo fino al 7 gennaio, giorno in cui hanno scoperto che Fago era diventato un concorrente per l’acquisto della testata. Peccato che l’offerta fosse stata fatta già il 18 dicembre, senza che i soci della cooperativa lo sapessero. I lavoratori hanno provato a difendere il loro giornale comunque, lanciando una campagna di raccolta fondi su una pagina facebook. Ma, nonostante la concreta solidarietà di tanti amici e lettori, rappresentativi di tutte le anime della sinistra, in una sola settimana non sono riusciti a raccogliere la cifra necessaria. Hanno perso una battaglia, ma non hanno rinunciato a combattere. Perché per loro Left non è una parola vuota, è una pratica quotidiana. In questi anni hanno raccontato il Paese e il mondo dalla prospettiva dei più deboli, denunciando arroganze e abusi di potere. Si chiedono come farà invece a dire cose di sinistra un giornale nato così. (AGENPARL)

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