Sempre più travagliato il percorso del cosiddetto ddl Sallusti relativo alle nuove norme sulla diffamazione a mezzo stampa. La capogruppo del Pd in Commissione Giustizia Silvia Della Monica si è infatti dimessa da relatrice del ddl attualmente all’esame dell’Aula del Senato. La parlamentare ha anche annunciato che voterà contro l’articolo 1 del provvedimento. Dopo le dimissioni il vicepresidente del Senato Vannino Chiti ha sospeso la seduta informando il presidente Renato Schifani che a stretto giro ha convocato la conferenza dei capigruppo per fare il punto sul da farsi.
LEGGE CAOTICA – Durante il dibattito in aula sull’emendamento Balboni-Mugnai (Pdl) sulla interdizione, la senatrice Della Monica aveva preso la parola e, pur sottolineando il suo voto favorevole sul quell’emendamento «perchè riduce il danno», ha annunciato la sua «contrarietà a una legge che si sta formando in maniera caotica su impulso di una questione che potrà avere anche altre soluzioni» istituzionali. Quindi ha aggiunto: «Voterò contro l’articolo 1 anche se ci sarà il voto segreto. In questa situazione io non posso continuare a fare il relatore». Al momento dunque rimane relatore del ddl solo il presidente della commissione Giustizia Filippo Berselli (Pdl).
ABERRANTE – Critiche all’emendamento al ddl sono arrivate anche dal responsabile Giustizia dell’Idv Luigi Li Gotti. L’interdizione dalla professione giornalistica, nella sua settima versione, l’ha definita «aberrante» e «fuori sistema». Tra le varie critiche, secondo Li Gotti, è «assurdo» che nel primo caso di recidiva la misura dell’ interdizione venga assegnata sulla base della valutazione del giudice che dovrà tener conto della gravità del fatto diffamatorio. Mentre in caso di ulteriore recidiva («ad ogni ulteriore condanna» per diffamazione «nei due anni successivi») l’interdizione diventa automatica e senza che si tenga in alcun conto la gravità dei fatti. Ma, sottolinea Li Gotti, «non esiste una recidiva obbligatoria nel caso di diffamazione». Questo, aggiunge, «lo stiamo inserendo noi deliberatamente nel codice». E, in più, senza che si tenga in considerazione la gravità del fatto che potrebbe essere anche «qualcosa di veniale ma che costerebbe al giornalista l’interdizione dalla professione fino ad un anno». «L’Idv – ha detto – voterà no a questa norma aberrante».
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