Tempi di crisi? No grazie: eurozona, new economy sfiora 6% del Pil

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La congiuntura sfavorevole che ha caratterizzato questi ultimi anni non ha travolto l’economia digitale in continua ascesa, sia in Europa che negli USA

Vai sul web che ti passa! Nonostante la crisi che ancora attanaglia i paesi dell’Eurozona, tutt’altro che in salute (perfino nel Regno Unito non si registra la tanto auspicata ripresa economica), la new economy che, in crisi non è stata mai, consolida la sua posizione e continua la sua inarrestabile ascesa.
I dati parlano chiaro: nel 2012, rispetto all’anno precedente, l’economia globale è cresciuta solo del 3,2% ma quella virtuale, più dinamica e redditizia, ha fatto registrare un balzo in avanti del 5,2% del Pil.
Nel Vecchio Continente il tasso di crescita del Pil si è assestato allo 0,6% ma solo per merito della new economy che fatto da traino con il suo 6,8%  (diversamente il segno del Pil sarebbe stato negativo).

Questi dati, preoccupanti da un lato ed incoraggianti dall’altro, sono stati oggetto di studio ed approfondimento da parte di Roberto Sommella che, nella sua ultima fatica letteraria “Sboom, siamo ancora capaci di sostenere il cambiamento?” fa il punto della situazione cercando di spiegare, secondo più punti di vista, come stanno realmente le cose.
Nel Belpaese, ad esempio, l’economia reale ha fatto segnare un -2,4% in netta controtendenza con quella virtuale, contrassegnata da un confortante +4,9% del Pil nazionale.
L’analisi del saggista si avvale anche del parere e delle proiezioni di alcuni esperti internazionali come Roubini e Krigman che spiegano la loro vision sull’attuale andamento dei mercati e sul futuro dell’economia globale.

Come spesso accade in campo finanziario, anche rispetto alla new economy, sono schierate due diverse fazioni diametralmente opposte: una che la sostiene e l’altra che la teme.
Sommella sottolinea anche le profonde differenze tra Europa e America in questo particolare momento storico.
Secondo l’autore, la società sta scivolando lentamente verso la povertà, un rischio che corre il 25% degli Europei, percentuale che in Italia diventa il 28,4 – in Irlanda il 29,,5 per arrivare al picco massimo della Grecia che detiene il triste primato con il 37,5%.
Tutto questo mentre l’indice SAP della Borsa newyorkese è salito al 20% in un anno, con conseguente aumento del 2% delle buste paga dei lavoratori.

Negli USA fa riflettere il confronto di un dato molto interessante: mentre 50 anni fa la General Motors fatturava circa 7 miliardi di dollari e dava lavoro a 600.000 unità,  nel 2015 il gigante Apple dovrebbe chiudere l’anno sfiorando gli 88 miliardi di euro di profitti avvalendosi di 92.600 collaboratori: una sproporzione che colpisce soprattutto in termini occupazionali: la torta è più grande ma le fette diminuiscono!
Per non parlare dell’annosa questione legata all’utilizzo dei dati personali grazie al quale colossi come Facebook si sono arricchiti o per il quale Big G ha scelto di “convertirsi” in operatore tlc.

Proprio l’abuso di posizione dominante è stato oggetto di discussione, pochi giorni fa, nell’incontro organizzato da Giovanni Petruzzelli, presidente Antitrust che il 7 ottobre scorso ha incontrato Maurizio Costa,  presidente Rcs – Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera e Franco Bernabé.

Nella stessa sede, dopo la presentazione di “Sboom”, Petruzzelli ha dichiarato che sarà avviata un’inchiesta in merito alla tanto discussa fusione Mondadori-Rizzoli Libri per verificare, in tempi brevi, se esistono le reali condizioni per un accordo in tal senso e nel pieno rispetto delle regole di cui il Presidente è garante.
Sempre secondo Petruzzelli, tempi lunghi, invece, si prevedono per dipanare la matassa relativa all’assegnazione dei diritti tv del campionato di calcio per la quale si attende il parere preliminare del Collegio, con scadenza prevista per aprile 2016.

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