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CI VORREBBE UN DECRETO ANTI GANASCE PER SALVAGUARDARE IL PLURALISMO NEL 2012

Abolizione dell’albo dei pubblicisti, tagli dei contributi pubblici e svilimento della piccola emittenza locale radiotelevisiva. Ecco cosa ci aspetta nel 2012. Ma andiamo per ordine. Da settembre 2012, secondo alcune interpretazioni della manovra salva-Italia e della manovra d’agosto, in assenza di una riforma dell’Ordine dei Giornalisti potrebbe essere cancellato l’albo dei pubblicisti. L’albo cioè a cui sono iscritti quei giornalisti che in teoria non esercitano esclusivamente la professione di giornalista. Si tratta di una categoria, tuttavia, che spesso rappresenta la colonna portante di molte redazioni italiane. Sono circa 80 mila, ad oggi, e una parte di questi esercita costantemente l’attività. La cancellazione di questo albo porterebbe diversi problemi nel mondo dell’informazione. Cosa succederà – si chiedono in molti – a quei giornalisti pubblicisti che lavorano quotidianamente nelle redazioni e che si ritroverebbero senza il titolo per farlo? Senza dimenticare i molti giornali e periodici che hanno come direttore responsabile proprio un giornalista pubblicista.
Il 2012 dovrebbe essere anche l’anno di una rigorosa riforma dei contributi pubblici all’editoria. Mentre il salva-Italia elimina il sistema attuale a partire dalla gestione 2013, il nuovo esecutivo è orientato a riformare i criteri di accesso in senso più selettivo. In questi anni i contributi sono stati diretti a diverse categorie – testate di partiti politici, minoranze linguistiche, italiani all’estero, cooperative no profit – e sono andati costantemente calando: da 564 milioni nel 2007 a 137,7 milioni nel 2012. Di questi 137,7 milioni, solo 53,5 sono contributi effettivi, dal momento che vi gravano i debiti con le Poste (50 milioni) e altre convenzioni. Ci sono poi i 7 milioni per Radio Radicale. Le redazioni sono in fibrillazione. Non solo quelle che godono dei contributi senza avere una reale presenza sul mercato, ma anche le testate storiche come ad esempio Liberazione, i cui giornalisti pochi giorni fa hanno manifestato davanti Palazzo Chigi.
Il 2012 è poi l’anno dello switch-off totale, la transizione dall’analogico al digitale per il sistema televisivo italiano. E anche qui si gioca il futuro di molte redazioni italiane. Sono circa 200, secondo le associazioni di categoria, le piccole emittenti locali ‘espropriate’ della frequenza per fare spazio al digitale senza aver ricevuto, per il momento, significative compensazioni. Compensazioni che potrebbero però arrivare se il Governo eliminerà effettivamente il ‘beauty contest’, cioè la cessione a titolo gratuito delle frequenze, come prevedono tre ordini del giorno approvati il mese scorso dalla Camera. Da una vendita all’asta potrebbero arrivare più di due miliardi di euro, secondo le stime.
Si attendono novità, infine, anche in casa Rai. Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, nei giorni scorsi ha lasciato intendere che potrebbe essere in lavorazione una riforma della governance del servizio pubblico e a marzo scade il consiglio di amministrazione.
Ma non era meglio andare alle urne?

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