Classe 1902, sangue austriaco che scorre nelle vene, filosofo ed epistemologo,
Karl Popper può essere considerato un considerevole esponente del pensiero
democratico del ‘900. Noto per la sua teoria del Verificazionismo, che lo porta a considerare una teoria scientifica solo se falsificabile, Popper applica le sue teorie ad ogni aspetto della società, in difesa di una società aperta e democratica.
In “Cattiva maestra televisione”, Popper analizza contenuti e conseguenti effetti prodotti dal tubo catodico.
Parafrasando il titolo del saggio, si evincono al contempo due messaggi.
Il primo è l’accezione negativa che Popper dà al piccolo schermo, ma al contempo definendola “maestra”, le conferisce una responsabilità didattica ed educativa che ha verso i suoi fruitori.
La tesi di Popper muove da un dato di fatto: la televisione rappresenta un potentissimo mezzo di informazione e con i suoi contenuti influenza l’opinione pubblica, in particolar modo la parte più plasmabile di essa: i bambini.
Nel bombardamento mediatico cui ogni cittadino è in diversa percentuale sottoposto, rientrano messaggi che possono alterare lo stato di una società aperta.
Contenuti violenti trasmessi dalla televisione, diventano legittimazione di una prevaricazione che si riversa nella società.
Non si tratta di moralismo retorico, il discorso portato avanti da Popper è ben più profondo.
In nome di una profonda fede nelle dottrine liberaliste, il filosofo afferma che:
“Ogni potere dovrebbe essere limitato da altri poteri, ogni potere, e soprattutto un potere gigantesco come quello della televisione deve essere controllato”.
Quale dunque il modo per arginare lo straripante potere mediatico?
La soluzione cui giunge Popper è quella data dal binomio informazione – ordine.
Binomio potenzialmente garante di un equilibrio tra la diffusione dell’informazione e la costante ricerca di un ordine che, non essendo un processo spontaneo, va costruito e difeso dagli abusi di potere.
Popper ci mette in guardia dal rischio che corriamo di assistere al passaggio da una società democratica ad una società telecratica, e chissà che non sia già troppo tardi.
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