AGCOM 2005-2012: COS’E’ CAMBIATO NEL SETTORE DELLE TELECOMUNICAZIONI

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Con la presentazione del bilancio di fine mandato, si chiude il settennato dell’attuale organigramma Agcom. Nel 2005 l’Autorità ha ereditato una situazione caotica: la liberalizzazione delle telco era già stata avviata, ma nella realtà la maggior parte delle risorse rimaneva nella disponibilità di Telecom Italia . L’Agcom si è impegnata per ridurre questo divario, vigilando affinché il mercato offrisse le medesime opportunità a tutti gli operatori. Nello stesso tempo, l’Autorità si è trovata di fronte ad una situazione difficile per quello che riguarda le reti di nuova generazione. Perciò la stessa ha intrapreso una campagna per favorire gli investimenti sulla banda larga e ultralarga.

Il settore telco è in evoluzione continua, e lo dimostra il notevole incremento (21,1 ml) di reti che effettuano traffico di dati. In questo quadro, l’Autorità ha agito per ridurre i prezzi finali e di terminazione delle linee fisse e mobili. Occorre distinguere tra l’azione sui prezzi retail (al dettaglio) e wholesale (all’ingrosso). I valori finali dei servizi di telefonia fissa e mobile sono diminuiti del 15%, grazie soprattutto al vincolo di price cap a cui è stato sottoposto l’ex monopolista fino al 2009, anno in cui ,a giudizio dell’Agcom, è stato raggiunto un sufficiente grado di concorrenza nel mercato. Tale metodo consiste nella determinazione di un tetto massimo ai prezzi che possono praticarsi verso l’utenza. Nel mercato all’ingrosso è degna di nota la riduzione operata sui costi di terminazione sulla rete mobile, che sono passati da un valore medio di 13,5 cent al minuto a 0,98 cent al minuto.

Per incentivare investimenti sulla banda larga e, nel contempo, promuovere la concorrenza tra operatori infrastrutturati, l’Agcom ha regolato rigorosamente i prezzi dei servizi d’accesso alla rete (accesso disaggregato, bitstream). L’Autorità ha spinto gli operatori alternativi a raggiungere livelli di infrastrutturazione sempre maggiori. Per favorire l’ingresso nel mercato degli stessi, ha lavorato molto sullo sviluppo dell’accesso disaggregato. Infatti l’unbundling, dopo la liberalizzazione, ha assunto una rilevante importanza nella misura in cui consente ai nuovi investitori di utilizzare infrastrutture di un altro operatore a seguito del pagamento di un canone.

Per quanto riguarda le modalità di fornitura dei servizi intermedi, l’Agcom ha imposto una separazione funzionale tra l’unità incaricata della commercializzazione e le altre divisioni di Telecom Italia. Gli impegni presi da Telecom sono stati rispettati e hanno garantito condizioni non discriminatorie tra l’operatore principale e gli alternativi. Si registra l’ingresso di quindici nuovi operatori nel mercato mobile. Impossibile dimenticare, in relazione ai benefici recati allo Stato, le aste (Wimax e Banda larga) che hanno portato 4 milioni di euro alle casse dell’Erario.

Ma, alla fine della fiera, quali sono i risultati di tutto ciò? Effettivamente il settore delle telecomunicazioni è migliorato qualitativamente e quantitativamente, in relazione ai servizi offerti e alle dinamiche di concorrenzialità nel mercato. Va anche evidenziato l’incredibile sviluppo dell’Italia nella telefonia mobile: il nostro paese è il primo per diffusione di telefoni cellulari e apparecchi idonei a ricevere dati in mobilità. Sulla banda larga, però, proprio non ci siamo. Il 52% delle famiglie ha una connessione veloce, a fronte della media europea del 67%. Gli operatori investono nelle tecnologie di nuova generazione, ma mancano le infrastrutture. A poco serve la minuziosa regolamentazione predisposta dall’Agcom in materia.
Giuseppe Liucci

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