VENDITA TIMEDIA: ENTRO LUNEDÌ LE OFFERTER VINCOLANTI. MA C’È CRISI E LA TV È UN TERRENO MINATO: -12% DI SPOT

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È il tre dicembre la scadenza per le offerte vincolanti per l’acquisto di Timedia, la società che incorpora La7 ed Mtv. Gli interessati sono il fondo Clessidra, il colosso delle telecomunicazioni 3Italia, Discovery Channel e la Cairo Communication, la concessionaria per gli spot della controllata di Telecom Italia. Restano ancora tanti nodi da sciogliere: il debito di Timedia, la questione Lcn, il contratto con Cairo. Ma crisi morde. La pubblicità nei media scarseggia: -12% nel 2012. È un momento propizio per investire nella tv?
È da tempo che la controllata di Telecom Italia è in vendita. Nonostante i buoni risultati televisivi di La7 e la crescita costante dell’Auditel e della pubblicità raccolta, la società ha oltre 200 milioni di debiti.
I pretendenti per l’acquisto di Timedia erano, in “origine” oltre quindici. E, tra questi, c’era anche Sky. Poi l’emittente di Murdoch, che era una delle favorite, si è ritirata strada facendo.
A due giorni dalla scadenza per le offerte vincolante sono rimasti quattro società interessate. C’è il fondo Clessidra, il colosso cinese delle telecomunicazioni 3Italia, l’emittente americana Discovery Channel e la concessionaria per la pubblicità della stessa Timedia, Cairo Communication.
Ma ci sono ancora molti nodi da sciogliere. E con il passare del tempo sembrano aumentare piuttosto che ridursi. La situazione finanziaria di Timedia non è, come detto in precedenza, delle più floride. La società ha un debito importante. Inoltre, nonostante gli sforzi fatti e il successo sul mercato, La7 è comunque un’azienda in perdita. I costi non sono bilanciati da una raccolta pubblicitaria adeguata. Lo share medio del 4%, nonostante sia in crescita, non “produce” abbastanza pubblicità.
Poi c’è da risolvere la questione dell’Lcn (la numerazione dei canali sul telecomando). Per ora i numeri sono rimasti invariati. Ma ci sono dei dubbi per Mtv. Il canale musicale ha il numero 8. E, stando alla bozza del regolamento dell’Agcom,le posizioni da 1 a 10 devono essere assegnate ai canali “storicamente generalisti”. Ed Mtv, ontologicamente non è, né tantomeno è stato, un canale generalista.
Poi ci sono da risolvere le condizioni sul contratto con la Cairo Communication. La concessionaria per la pubblicità, guidata da Urbano Cairo, ha un contratto con Timedia fino al 2019. E, nonostante il buon lavoro svolto fin ora, all’interno dell’accordo si sono delle clausole “scomode” per un nuovo investitore. Ovvero la Cairo avrebbe diritto a trattenere per sé una parte consistente di un eventuale surplus di raccolta pubblicitaria ottenuta.
Quindi perché un nuovo acquirente dovrebbe investire per aumentare l’appeal per gli sponsor quando una buona parte del ricavato va alla concessionaria? Non è peregrino pensare che un imprenditore, prima di investire, pensi anche a questa variabile.
Poi c’è la condivisione di Mtv Italia con gli americani di Viacom. Ma questi ultimi hanno solo il 49% del canale. Quindi la maggioranza è di Timedia e rimarrebbe anche a chi la rilevasse. Salvo, diversi accordi.
Passiamo ora ai numeri. Nessuna trattativa si può considerare tale senza qualche cifra, seppur non ufficiale. Pare che il fondo Clessidra abbia messo sul piatto 300 milioni di euro (si è parlato anche di 400) per l’intero pacchetto. Ovvero sia per le frequenze che per le reti. Poi, al secondo posto c’è 3Italia che pagherebbe circa 200 milioni, sempre per tv e multiplex. L’americana Discovery sarebbe interessata solo alle reti. E per queste spenderebbe sui 100-150 milioni. Infine c’è Cairo. Il presidente della concessionaria gioca in casa. Quindi si eliminerebbe il problema della “revisione” del contratto. Sulla cifra offerta, che dovrebbe essere solo per i canali tv, non ci sono dati chiari.
Tuttavia non è detto che spunti fuori qualche altro interessato. La stessa Sky potrebbe ripresentarsi. Infatti le scadenze precedenti per le offerte non vincolanti e per l’accesso alla “data room” di Timedia non sono vincolanti.
Comunque, in ogni caso, l’acquisto di una società che opera che settore dei media, nella congiuntura economica attuale, non è un investimento sicuro. I dati Nielsen, una società leader mondiale nella rilevazione dei dati pubblicitari dei media, non sono ottimistici.
Da gennaio a settembre, quindi nei primi nove mesi del 2012, la pubblicità in tv è calata del 12,4%. Si è passato dai 3,2 miliardi di euro raccolti nello stesso periodo del 2011 ai 2,8 dell’anno in corso.
Ma non si tratta di un dato isolato. Tutti i media soffrono la crisi. I quotidiani registrano un -15%; i periodici sono a -16%; la radio a -8%. Solo un mezzo resiste alla crisi. Anzi cresce continuamente. È Internet che ha aumentato la propria raccolta del 10% rispetto ad un 2011 anch’esso in crescita rispetto al 2010.
Tempi duri per chi investe. Guardare avanti con ottimismo costa coraggio e i rischi sono tanti. Tuttavia c’è chi direbbe che restare fermi è ancora più rischioso.

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