VENDITA TIMEDIA, CDA LUNEDÌ. DELLA VALLE CHIEDE TEMPO. CON CAIRO E CLESSIDRA C’È CONFLITTO DI INTERESSI?

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È lunedì 18 febbraio il prossimo cda di Telecom Italia. Si deciderà il futuro della controllata (al 77,7%) Timedia. La quale, a sua volta, possiede La7, il 51% di Mtv e, tramite Timb, 3 multiplex nazionali. In lizza il fondo Clessidra e Urbano Cairo. Ma si fa avanti anche Diego Della Valle per la sola La7. Ma il patron della Fiorentina chiede qualche settimana per fare l’offerta. Intanto nel cda Telecom è ancora scontro tra Franco Bernabé, che non vuole svendere, e alcuni soci che premono per la cessione. Aleggia lo spettro del conflitto di interesse sia per Cairo che per Clessidra. Secche le smentite. Cairo: «Con Berlusconi ho chiuso nel 1995». Clessidra: «Siamo indipendenti. Nessun legame con Fininvest e il Cavaliere». Ansie anche sul pluralismo. Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni: «Timedia è l’unica azienda che ha rotto il duopolio “Raiset”».
Ma procediamo per ordine.
Gli interessati che hanno proposto offerte vincolanti per l’acquisto di Timedia sono il fondo Clessidra e Urbano Cairo. La prima è una società di affari di private equity gestita da Claudio Sposito (ex manager di Fininvest e di Morgan Stanley) e Marco Bassetti (ex dirigente di Endemol e Mediaset). Mentre Cairo è un imprenditore (presidente del Torino Calcio), un editore di numerosi periodici e il presidente della concessionaria della pubblicità del gruppo Timedia. Ma ora qualifichiamo i due tipi di offerte.
Clessidra sarebbe interessato all’intero pacchetto di Timedia, ovvero tv e frequenze. E per esse sborserebbe circa 330 milioni. Cairo, invece, vuole solo le tv. E le vorrebbe praticamente gratis. Ovvero finanzierebbe l’acquisto con una sorta di prestito elargito dalla stessa Telecom (c’è da precisare che in entrambe le trattative ci sono anche una lunga serie di pre-condizioni che, per brevità, non tratteremo nel presente articolo).
Tuttavia negli ultimi giorni si è parlato anche di un interessamento di Francesco Di Stefano, editore di Europa 7, e di una cordata di 5-7 imprenditori italiani (al momento non ancora noti) “capitanati” da Diego Della Valle, noto industriale della Penisola.
Ma va precisato che per quanto riguarda Di Stefano si tratta di una mera indiscrezione. Nulla di più. Anche Della Valle non ha ancora fatto un’offerta vincolante. Ma l’interesse del presidente della Fiorentina sembra destinato a concretizzarsi. Infatti dovrebbe arrivare nelle prossime ora una telefonata a Franco Bernabé, presidente esecutivo di Telecom, per delineare l’offerta. Inoltre Della Valle avrebbe già ingaggiato un advisor. E dovrebbe anche accedere alla cosiddetta “data room” per visionare i documenti riservati della società in vendita.
Ma se Bernabé e il cda di Telecom prenderanno in seria considerazione l’ipotesi Della Valle, il cda di lunedì prossimo dovrà registrare un altro nulla di fatto. Infatti il fondatore della Tod’s ha bisogno di qualche settimana per valutare le carte e proporre un offerta. Insomma se ne parlerebbe appena dopo le elezioni politiche di fine mese. Ma alcune intenzioni di Della Valle sono già note. L’imprenditore marchigiano vorrebbe solo le tv. Anzi una sola delle due: La7 (il 51% di Mtv resterebbe a Telecom). Inoltre all’interno della cordata ci sarebbe spazio anche per personaggi “interni” alla tv del settimo canale: magari per Enrico Mentana, direttore del tg di La7, e per Michele Santoro, conduttore di Servizio Pubblico (che ha raggiunto il 18% di share nelle puntata con Silvio Berlusconi ospite).
Ma, indipendentemente, dall’interessamento di Della Valle, la vendita potrebbe anche slittare ancora. O addirittura non concretizzarsi. Infatti il cda di Telecom non ha idee unanime sul da farsi. Infatti Bernabè non sembra soddisfatto delle offerte. E il presidente esecutivo non vorrebbe svendere, come ha più volte sottolineato. Inoltre egli vorrebbe anche garanzie sul futuro utilizzo di tv e frequenze. Mentre i soci di Intesa, Mediobanca e Generali sono più “pragmatici”. In soldoni pensano che Timedia va venduta perché è in perdita. E, quindi, fa rischiare a Telecom (che ha già un debito di 28,2 miliardi) un declassamento dalla agenzie di rating.
Ma i problemi non finiscono qui. Anzi. Su entrambi i papabili acquirenti, Cairo e Clessidra, è calata l’ombra del conflitto di interessi. Sul primo i dubbi sembrano impalpabili. Infatti consistono solo nel passato del presidente della concessionaria della pubblicità di Timedia: Cairo è stato l’ex assistente di Berlusconi, proprietario di fatto della tv commerciale concorrente Mediaset, e manager della Mondadori, altra società vicina al Cavaliere. Ma Cairo, da parte sua, ha subito smentito: «Non interferirò sulla linea editoriale. Con Berlusconi ho chiuso nel 1995».
Più consistenti e articolate le ombre sul fondo Clessidra. Quattro dei quindici consiglieri di Telecom che spingerebbero per vendere Timedia a Clessidra sono in qualche modo “imbrigliati” in relazioni potenzialmente equivoche con gli advisor (le società ingaggiate per tutelare i propri interessi) di turno e con Mediaset.
Ma spieghiamoci meglio. Gaetano Micciché è il dg della banca Intesa Sanpaolo che, insieme a Merril Lynch, è l’advisor (ovvero fa gli interessi) di Clessidra, opterebbe per vendere Timedia alla stessa Clessidra. Lo stesso discorso vale per Elio Catania. Il quale, presente nel Consiglio di gestione di Intesa, opterebbe per vendere Timedia al fondo guidato da Sposito e Bassetti.
Poi ci sono Renato Pagliaro e Tarak Ben Ammar (“storico” amico e socio di Berlusconi) che sono entrambi rappresentanti dell’advisor di Telecom, Mediobanca, che a sua volta è partecipata da Fininvest tramite Mediolanum. E sua volta Fininvest controlla Mediaset.
Tutto ciò potrebbe anche non voler dire nulla. Tuttavia ogni ipotetica “parentela”, anche solo sospetta, con qualche società concorrente, è vista con timore. In effetti il fondo Clessidra, sulla carta, non pare avere nulla a che fare con Mediaset, a parte (come specificato in precedenza) una parentesi lavorativa dei due dirigenti del fondo, Sposito e Bassetti. E la stessa società ha smentito: «Siamo una Sgr [Società di gestione di risparmio, ndr] indipendente. I nostri azionisti sono gli stessi manager che amministrano i fondi gestiti. Non abbiamo legami, né diretti che indiretti con Fininvest e la famiglia Berlusconi».
Ma, indipendentemente dal conflitto d’interesse, un altro problema aleggia sulla vendita di Timedia. Lo ha sottolineato Paolo Gentiloni, ex ministro delle Comunicazioni in quota Pd: «Timedia non fabbrica dentifricio. È l’unica azienda che ha rotto il duopolio Rai – Mediaset. È un asset importante per il pluralismo. E poi una svendita non risolverebbe i problemi di Telecom. Anzi toglierebbe risorse visto che uno dei mux di Telecom, nel 2015, potrebbe essere convertito per la tv sui cellulari e quindi essere utile a Tim. E poi per La7, vista l’offerta di Cairo, si tratterrebbe di darla a costo zero».
Non resta che attendere lunedì per vedere gli sviluppi.

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