Indisturbati per anni, tanto che ripetutamente la procura di Napoli ha indagato sulle presunte omissioni degli ispettori dell’autorità delle telecomunicazioni, i manager di “telecamorra” sono riusciti perfino nell’obiettivo di rivendere frequenze riservate al ministero delta Difesa. È emerso nel corso di indagini che hanno dovuto affrontare silenzi, minacce, perfino depistaggi.
Carmine Ivone veniva controllato in ogni sua attività almeno dal 2008, quando venne intercettata una telefonata tra lui e il fratellastro Raffele Stolder (attualmente detenuto). Alle volte si parlava di questioni di famiglia, altre di affari. Ulteriori conferme arriveranno da un altro degli impresari televisivi sospettati di amicizie spericolate e perfino condannato per avere aggredito e minacciato un testimone scomodo delle infiltrazioni camorristiche nelle tv napoletane. Si tratta di Nicola Turco, gestore della popolarissima Campania Tv e di altri canali. Interrogato dai magistrati partenopei un anno fa, Turco ammise una serie di illeciti e le occupazioni abusive delle frequenze. Più che una confessione, un “messaggio”: a propria difesa l’impresario ha chiamato i commissari dell’agenzia delle comunicazioni, parlando di una loro presunta “connivenza emissiva”.
Nel corso di quell’interrogatorio – come riporta il documentato libro di Alessandro De Pascale, “Telecamorra” – Turco ammise addirittura di avere occupato e poi rivenduto frequenze del tipo “S”, cioè riservate esclusivamente all’Esercito e indispensabili alla sicurezza nazionale: “Non erano utilizzate nell’etere, perché erano riservate al ministero della Difesa, però siccome tutte queste frequenze hanno sempre funzionato e nessuno mai si è dedicato a chiuderle, hanno funzionato”, dichiarò Turco riferendosi alle scorribande via etere. E chi fu uno degli acquirenti? La “S15” Turco disse di averla ceduta proprio a Carmine Ivone, il capo di “Papele Tv” finito nell’inchiesta sfociata ieri nelle accuse di evasione fiscale e riciclaggio.
“Finalmente – commenta Alessandro De Pascale – dopo le denunce si cominciano a vedere i frutti del lavoro investigativo e delle nostre inchieste giornalistiche. È la riprova che le infiltrazioni della criminalità ci sono e sono ad ampio raggio”.