Il Cda della Cassa Depositi e Prestiti ha deliberato il suo ingresso nel capitale di Telecom in una prospettiva di lungo periodo. La Cdp avrà una partecipazione di minoranza, non superiore al 5% delle azioni ordinarie. Per fare ciò bisognerà sborsare 500 milioni. Con tale operazione la Cassa Depositi e Prestiti intende adempiere alla sua missione istituzionale a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali. Nessun problema di sostenibilità economico-finanziaria: l’iniziativa non è contraria ai criteri sempre adottati dalla Cdp. Il vero obiettivo è l’ottenimento dello scorporo della rete fissa da Tim: la Cassa vorrebbe, poi, procedere alla fusione con Open Fiber. Vi è, inoltre, convergenza di interessi con il fondo Elliott, che è giunto ad ottenere il 10% dell’azionariato e vuole rovesciare l’attuale controllo della società da parte dell’operatore francese Vivendi. Fondamentale sarà l’assemblea del 4 maggio, in cui si dovrebbe votare sul rinnovo dell’intero Cda. Molto importante anche quella del 24 aprile, in cui si voterà sulla sostituzione di sei consiglieri Tim chiesta dal Fondo Elliott. Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom, ha commentato con favore l’ingresso della Cdp: “È un fatto evidente che la partecipazione dello Stato nell’azionariato di TIM avrebbe bilanciato positivamente lo strapotere di Telefonica nel recente passato e oggi, nel mezzo della disputa sulla “governance” di Vivendi, la CDP può costruire quel passaggio che definiamo imprescindibile, per ripartire nell’interesse di tutti gli azionisti e per il nostro Paese, secondo una visione europeista dove possiamo essere ancora leader del cambiamento”. Vivendi accoglie il nuovo entrante senza scomporsi: “Ogni azionista è benvenuto se porta valore aggiunto e l’ingresso della Cdp non viene considerato un’operazione ostile anche perché se lo fosse sarebbe un messaggio negativo per tutti gli investitori stranieri che investono sull’Italia”.
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