SUPER-CDA DI TECNICI E UN DG CON AMPI POTERI. MA TUTTO DOPO LE ELEZIONI

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Un cda di 2-3 consiglieri all’interno del Consiglio a 9. Eleggibili solo tecnici di alto profilo. Largo ad un dg forte. È questa l’ipotesi del governo per liberare la Rai dal giogo dei partiti. Il tutto si discuterà dopo le elezioni.
Formalmente è scaduto ieri l’attuale cda che ha anche approvato all’unanimità il bilancio che mostra un utile di 4,1 milioni di euro.
Tuttavia l’attuale Consiglio resterà in carica per altri tre esercizi sociali, sino all’approvazione del bilancio da parte dell’Assemblea dei soci, costituita dal Tesoro e dalla Siae. Il presidente Garimberti ha fissato per tale evenienza, 2 convocazioni: il 4 e l’8 maggio.
C’è da precisare che il 6 e il 7 maggio ci sarà il primo turno delle elezioni amministrative, e i relativi ballottaggi avverranno il 20 e il 21 dello stesso mese.
Dunque, come già si sapeva, i giochi decisivi saranno rimandati a voti già espressi.
Fino ad allora ci sarà una prorogatio di fatto. «Fino all’avvento del nuovo cda il nostro dovere è quello di continuare ad amministrare la Rai», ha dichiarato Garimberti. Anche il governo ha invitato gli attuali consiglieri, già mancati di un Rizzo Nervo (dimesso per la nomina di Maccari a direttore del Tg1 e di Casarin al Tgr), a non lasciare l’incarico.
E dopo che si fa? La proposta del governo è all’insegna del compromesso. Visto che il Pdl blinda la legge Gasparri (e quindi un cda con 5 membri, come voleva Monti, non è possibile), l’esecutivo ha proposto un cambiamento dello statuto Rai al fine di creare un super-cda, ma ristretto. Letteralmente è un ossimoro, ma nella realtà l’ipotesi funzionerebbe così: i partiti potranno eleggere solo “tecnici”. Non son ammessi né politici, né ex politici. Il cda rimane di 9 membri, ma all’interno di questi, si dovrebbe eleggere un super-cda, composto da 2-3 consiglieri, tra cui il presidente. Il tutto con un dg forte con deleghe operative e poteri esecutivi.
Si tratta in fondo della Rai “tecnica” ipotizzata da Monti qualche giorno fa. I partiti non si sono ancora espressi. Il premier avrà modo di chiarirsi con loro al suo ritorno dall’Asia. Resta il problema di chi dovrà scegliere quei 2-3 consiglieri. Per ora non ci è dato saperlo.
Intanto ieri sera, Emilio Fede ha dato l’addio, dopo 20 anni, al Tg4. Al suo posto Giovanni Toti, già direttore di Studio Aperto. Mediaset ha comunicato che si è trattata di una scelta basata su una «logica di rinnovamento editoriale». In fondo si dice sempre così quando si tratta di assumere o licenziare un direttore di un notiziario. Potrebbe aver influito lo scandalo, ancora tutto da chiarire, dei soldi traghettati da Fede in Svizzera. Sono solo suggestioni, ma continuiamo a viaggiare con la fantasia.
Tra qualche mese nel Consiglio Rai si libereranno ben 9 posti. I partiti, che tramite la commissione Vigilanza, ne avranno a disposizione 7, se dovesse passare la proposta del governo, potrebbero eleggere solo professionalità di rilievo (che si sono distinte nel mondo della comunicazione, della cultura e del giornalismo), avulse dalla politica.
Fede, formalmente non è mai stato un politico, e se si è candidato Santoro…
Egidio Negri

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