SOPA/ PERCHÉ LO “STOP ALLA PIRATERIA ONLINE” NEGLI USA DESTA TANTO CLAMORE

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Oggetto di un acceso dibattito in corso negli Stati Uniti è la bozza di legge (HR-3261), nota come Sopa (Stop online piracy Act) presentata lo scorso 26 ottobre presso la US House of Representatives dal Repubblicano Lamar S. Smith.
Il provvedimento al momento fermo nella Commissione di Giustizia della Camera, avrebbe l’obiettivo di inibire il traffico verso siti internet anche esteri che riversino o commercializzino sulla rete contenuti protetti da copyright o brand contraffatti, rendendo di fatto responsabili di danno economico i siti ospitanti ed i motori di ricerca che ne indicizzino i risultati.
Immediata è stata la reazione di piattaforme di condivisione come Facebook e Youtube, o portali di commercio elettronico come Ebay, internet provider come Aol oltre a leader del search engine quali Google e Yahoo! che sentitisi colpiti dalla legge (suscettibile per ora di ulteriori emendamenti), si sono subito costituiti in un Protect Innovation Group volto a contrastare siffatti espedienti di law enforcement. Ma vediamo in che cosa consiste la bozza.
Una procedura di intervento suddivisa in due passaggi (1. una notifica da parte dei detentori del copyright; 2. la richiesta di un decreto ingiuntivo in assenza di un responso o di una contro notifica da parte dei siti sospettati di violazione) darebbe ampio potere al procuratore generale di turno (AG) e alle stesse compagnie detentrici dei diritti, di richiedere l’immediata eliminazione dei file protetti o dei link ad essi collegati da parte dei motori di ricerca e dei fornitori di accesso ad internet (ISP), bypassando di fatto i normali iter giudiziari. Alcuni tra gli strumenti impiegati nell’operazione di contrasto alla pirateria e alla contraffazione dei beni su internet dovrebbero essere il blocco preventivo via DNS (il sistema di registrazione dei nomi a dominio che traduce in sillabe il codice numerico assegnato da un protocollo internet) e la “confisca” dell’indirizzo IP del portale ritenuto colpevole di infringement (sancendone la definitiva chiusura), oltre all’interruzione collaterale di eventuali finanziamenti grazie al congelamento dei servizi di pagamento online come Paypal o Mastercard.

Sebbene un collaboratore del Senatore Lamar Smith, autore del provvedimento, abbia rassicurato che «I siti che ospitano contenuti – come YouTube, Facebook e Twitter – non hanno motivo di preoccuparsi», numerosi sono gli interrogativi sull’impatto che una legislazione simile potrebbe avere sul normale funzionamento di internet e sul regime sanzionatorio e penale vigente negli Usa. Il Direttore dell’Istituto per la proprietà Intellettuale presso l’Howard University School of Law, Lateef Mtima, lamenta l’assenza nel Sopa di una definizione concreta del tipo di condotta criminale che si intende perseguire. Una mancanza che potrebbe indurre a non distinguere più tra finalità commerciali e non commerciali associate alla condivisione di file, all’offerta di servizi o di informazioni in rete.
Significativa a tal proposito è l’obiezione sollevata in un documento indirizzato alla Commissione della Camera, dalla Library Copyright Alliance riguardo alla definizione non chiara di “violazione intenzionale” prospettata dal Sopa e l’introduzione di sanzioni penali per violazioni relative anche allo streaming senza scopi di lucro di materiale protetto (aspetto che contraddice il principio del Fair Use presente nel Copyright Act Statunitense, che non riscontra violazioni nel caso di finalità divulgative nell’uso o riproduzione delle opere). Entrambi gli aspetti potrebbero infatti incoraggiare procedimenti penali anche a carico dei servizi bibliotecari pubblici (ma anche delle biblioteche universitarie) che fanno uso della tecnologia in streaming delle opere per i propri utenti o studenti. Significativo è poi il passo indietro della Business Software Alliance, l’industria globale del software, il cui Ceo Robert Holleyman in un comunicato ha espresso i propri dubbi sulla bozza di legge che non garantirebbe un equo bilanciamento tra crescita dell’innovazione tecnologica e privacy dei cittadini.
Insomma il dibattito è ancora in itinere mentre preoccupa l’eventuale approvazione definitiva al Senato del disegno di legge presentato a maggio dal Senatore Amy Klobuchar (Bill S-978 “The commercial streaming felony Act) che dovrebbe modificare l’attuale legge federale del Copyright, introducendo condanne detentive (fino a 5 anni di carcere) per lo streaming (non solo dunque per il download) a scopo sia commerciale sia personale di materiale protetto.
Manuela Avino

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