Sasso (Il Roma): “I tagli ai giornali derivano da una visione indegna di un Paese civile”

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Riportiamo gli auguri del direttore de Il Roma, Antonio Sasso, ai lettori. Si tratta di una lettura assolutamente interessante per capire cosa accadrà, da qui a breve, con il taglio dei contributi all’editoria decretato, tra le fanfare, dal governo gialloverde. Una situazione amara

 

I giornali non parlano mai di se stessi, ma sempre degli altri. Quando parlano di se stessi è perché ne sono costretti da gravi circostanze. Nella maggioranza dei casi si tratta di minacce, ritorsioni per il loro lavoro di denuncia contro le insidie, i disegni della criminalità o inaccettabili imposizioni. Può però anche capitare che debbano parlare e molto, anzi ribellarsi, per provvedimenti governativi che ne impediscono o complicano il lavoro, mettendo a rischio la libertà stessa dell’informazione nel suo significato più ampio. Ed è il caso, non astratto, di queste ore. I nostri affezionati lettori, e anche tante altre persone di buonsenso e animate da alti valori civili, è giusto che lo sappiano: è in gioco il futuro del nostro giornale e di tante altre voci indipendenti come la nostra. Il “Roma”, gloriosa testata in vita dal 1862 e sempre in prima linea per la difesa delle libertà, figura tra quegli organi di informazione destinati a subire danni devastanti dall’indiscriminato taglio dei fondi all’editoria deciso da questo Governo; tali e tanti da compromettere la sopravvivenza di larga parte dell’informazione stessa.  Si comincia subito con riduzioni del 20% sugli odierni contributi, per giungere gradualmente alla loro totale eliminazione in tre anni.
Solo una visione oscurantista poteva concepire una simile misura, indegna di un Paese civile e frutto di un esecrabile rancore. Per farvi rendere conto della gravità di quanto diciamo, giova ricordare che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, nell’annunciare questa misura disse testualmente a suo tempo: «È con grande orgoglio che annuncio che aboliremo il finanziamento pubblico dei giornali». Parole che avrebbero dovuto far arrossire per il loro disgusto, considerando la funzione preziosa e delicata svolta dalla stampa, grazie alla quale questo Paese ha fatto tante conquiste di libertà e di diritti civili, per le quali dei giornalisti hanno pagato prezzi indicibili anche con il sacrificio supremo della vita. Di pari gravità le recenti dichiarazioni di un Di Maio, esultante per il provvedimento da lui posto nel “carniere dei safari” pentastellati con un trionfalistico “fatto!”. Fosse solo questo. Mentre si consumava tale sopruso, il Governo ha cercato di mascherare la sua azione liberticida – una delle più torbide operazioni dalla nascita della Repubblica – con la necessità di dover rimodulare i criteri distributivi del pluralismo e di ridurre le esposizioni finanziarie. Ma come, nei due ultimi mesi per una sciagurata guerra unilaterale dichiarata da questo Governo all’Europa – finita poi come sappiamo, con una totale ritirata degli “irriducibili contestatori” – si sono bruciate decine e decine di miliardi e ora stiamo a discutere di fondi per 60 milioni a un settore così delicato e decisivo come l’informazione? Anche a fare un calcolo approssimativo da Perpetua, tra costi e benefici, in questo caso i vantaggi di una informazione libera sono incalcolabili. Il disprezzo per tutto ciò non ricadrà soltanto sul grillino Vito Crimi, il sottosegretario dell’infame editto, per capirci quello di: «È con grande  orgoglio  che annuncio che aboliremo il finanziamento pubblico dei giornali». Questi resterà nella storia del nostro Paese come l’annunciatore di una brutta e torbida pagina, forse inconsapevole del grave atto che si stava compiendo. Ma l’irresponsabile non è solo lui. Corresponsabile è tutto il Governo, a cominciare dal premier Conte e compagnia cantante: Di Maio, Salvini e anche il presidente della Camera Fico, che, in un “forum” tenuto proprio al nostro giornale, garantì altri scenari più rassicuranti, dall’alto del suo autorevole ruolo istituzionale. Il gioco dello scaricabarile può essere valido per certi equilibrismi interni a maggioranze conflittuali, non per confondere la verità che è sotto gli occhi di tutti e sta nella insofferenza alla critica, alle regole democratiche sancite dalla nostra Costituzione, che ha appena festeggiato i suoi settant’anni e che molti dicono di onorare, salvo poi fare l’opposto.
Cari lettori, tenevamo molto a farvelo sapere, ne avete il diritto e lo abbiamo fatto. Voi siete la nostra forza per difendere la libertà. Passerà anche questa “nuttata”. Non ce lo auguriamo per ritorsione ma “come razionalità della storia”, per dirla con un elevatissimo pensiero di Benedetto Croce.
Intanto auguri di un buon Natale a tutti voi.

Antonio Sasso

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